L’accusa per le telefonate di Berlusconi contro Santoro Masi nel mirino dei pm.
Innocenzi non convince gli inquirenti
di Antonio Massari
“Reato in danno della Rai”. Le accuse della procura di Trani disegnano uno scenario di forte condizionamento di un bene essenziale dello Stato: l'informazione pubblica. E non è un caso che anche il direttore generale della Rai, Mauro Masi, sia finito nelle attenzioni della procura che ha indagato Silvio Berlusconi per due ipotesi di reato.
Ricordiamole. La prima: concussione. La seconda: violenza o minacce a un corpo politico, giudiziario o amministativo. Berlusconi, con il suo comportamento, avrebbe danneggiato non soltanto
“No, mai”, risponde Innocenzi. Eppure è lo stesso Innocenzi che, parlando con suo figlio, dice che Berlusconi lo “manda a fare in culo praticamente ogni tre ore” e ammette che il premier “ha in mente” che lui, “come autorità”, dovrebbe “impedire a Santoro di fare la trasmissione”. È lo stesso Innocenzi che, nella stessa conversazione, ha il buon senso di considerare: “Ma ti pare una cosa normale? Lui non capisce e ci dice: ‘Che cazzo ci state a fare’”. Sembra un'altra persona, eppure è la stessa che poi, dinanzi al pm, dichiara di non aver mai ricevuto pressioni. “Ne è sicuro?”, domanda Ruggiero. “Assolutamente sì”. “Abbiamo appreso dai giornali – continua il pm - che lei avrebbe deciso di sospendere alcune trasmissioni di pubblico interesse, in tema di attualità: lei, dottore, si è interessato di questa questione?”. Innocenzi risponde: “Voglio precisare che non è tra le competenze dell'Agcom, quella di imporre la sospensione di programma. Neanche
La data dell'interrogatorio è significativa. Il giorno prima s'è riunito il consiglio dell'Agcom. I commissari hanno discusso delle regole da rispettare, in tv, per informare sui processi in corso. Un tema molto caro a Berlusconi: proprio in vista delle puntate di Annozero sui “casi” Cosentino, Spatuzza e Mills, infatti, il premier tempestava di telefonate Innocenzi: si lamentava dei “processi in tv”. Siamo nell'autunno 2009, s'è da poco costituito il “comitato dei processi in tv”, che è nato a maggio. Ma cosa è accaduto nel consiglio dell'Agcom riunitosi il giorno prima? Innocenzi spiega al pm che hanno rinviato, al “comitato”, di valutare la “raffigurazione” dei “processi” in “alcuni programmi televisivi”. Il riferimento appare chiaro: si parla delle docufiction. Ovvero: dello stratagemma narrativo, utilizzato da Santoro in Annozero, per spiegare ai telespettatori le posizioni dell'accusa e della difesa nei processi. Docufiction che, di lì a poco, saranno vietate. In merito alla questione, dice quindi Innocenzi, la valutazione sulle “violazioni”, al “codice sul processo in tv” furono “rinviate al comitato”. Sembra una sfumatura. Invece è il punto chiave della questione. E vedremo perchè. “In relazione ai programmi televisivi aventi a oggetto i processi, ha ricevuto pressioni di qualsiasi tipo?” chiede ancora Ruggiero. E Innocenzi risponde ancora una volta: “Assolutamente no”. “Ne è sicuro?”. “Assolutamente sì”. Risposte che non convincono il pm. Ed ecco perchè.
“Attraverso quelle frenetiche e indebite pressioni – sosterrà Ruggiero nella richiesta al gip di fissare un'udienza camerale – Berlusconi costringeva o, comunque, induceva Innocenzi a promettergli indebitamente l'utilità (politica e personale) di adoperarsi per inibire la messa in onda di quelle puntate di Annozero. E d'impedire la divulgazione, l'informazione e la conoscenza, di fatti di pubblico interesse”. Quali fatti? Quelli “relativi ai processi penali che vedevano Berlusconi imputato a Milano o, comunque, interessato con ruoli di primo piano”. Il riferimento ai casi Mills e Spatuzza è chiaro. Il pm parla di “pretese indebite e illecite” perchè violano “i principi di buon andamento e imparzialità della Rai, della pubblica amministrazione, dello statuto e delle finalità dell'Agcom”. E – infine – anche del “Codice sui processi in tv”. Proprio quel codice, al quale l'Agcom rimandava la valutazione sui processi in tv, che sancisce una “necessità costituzionale”. Quella di “preservare la libertà di manifestazione del pensiero, degli operatori dell'informazione, e dei mezzi di comunicazione di massa, da ogni forma di pressione”.
Eccola, quindi, la pressione che si trasforma in reato. La pressione che si collega alle telefonate di Berlusconi a Innocenzi. Quelle telefonate dure, ringhiose, a ridosso delle trasmissioni di Annozero sui casi Cosentino, Mills e Spatuzza. Quelle telefonate in cui, Berlusconi e Innocenzi, parlavano senza remore di “strategia” per “chiudere tutto”.
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