venerdì 5 marzo 2010

Scene di una vergogna


di Antonio Padellaro

Atto primo. Lui e loro fanno qualcosa di chiaramente illegale come la violazione del Codice penale o delle norme elettorali. Ma non se ne preoccupano troppo perché si ritengono superiori a qualsiasi legge. Tutt’al più, dicono, si tratta di cavilli. Figuriamoci se degli inutili formalismi possono fermare gli uomini del fare.

Atto secondo. Una toga li prende in castagna. Lui e loro subito negano l’evidenza. Gridano la più totale innocenza. Poi cercano di ribaltare le accuse. Denunciano. Querelano. Sostengono di essere stati aggrediti (da toghe rosse) o malmenati (da un radicale mingherlino). Hanno giornali e tv (quasi tutti) che parlano di attacco alla democrazia. Lui e loro ipotizzano un golpe contro il governo. Mobilitano la piazza. Temo la reazione della mia gente, dice lui. Potrebbero esserci delle violenze, fanno sapere loro. Chiamano in causa il capo dello Stato e in qualche modo lo minacciano: ci trovi una soluzione gradita prima che qualcuno si faccia male.

Nell’opposizione crescono i timori: è vero, essi hanno torto marcio, deridono le leggi, le calpestano ma forse un compromesso si può trovare.

Atto terzo. Nella notte il governo partorisce una leggina prepotente che sana il loro abuso e riscrive le regole così come pare e piace a loro. Uno scudo elettorale che premia i furbi e i mascalzoni facendosi beffe di chi ha invece rispettato le norme. Un segnale preciso al paese che suona come il detto del marchese del Grillo: noi siamo noi e voi non siete un ca...

L’opposizione protesta ma tira un sospiro di sollievo.

P.S. Un quotidiano non certo estremista come La Stampa ha scritto che un intervento governativo per ovviare agli errori grossolani del partito del premier sarebbe “abominevole”. E che si passerebbe a un “regime vero e proprio”. Chiamiamolo fascismo e facciamo prima.

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