mercoledì 28 aprile 2010

Finiani alla prova del fuoco E il Pdl risponde con la fiducia


MA LA BATTAGLIA IN PARLAMENTO PREOCCUPA I BERLUSCONES
NAPOLITANO RICHIAMA I MAGISTRATI: ECCESSI DI PROTAGONISMO

di Sara Nicoli

Una botta al cerchio e una alla botte. Giorgio Napolitano sente crescere il clima di scontro tra governo e magistratura, avverte che la contrapposizione potrebbe rivelarsi esiziale anche per le sorti della legislatura e complice un clima sempre più incandescente nel Pdl. Così si muove in prima persona per richiamare alla misura e al rispetto reciproco i due poteri dello Stato. Ma intanto al Senato si vivono ore di grande tensione. Nonostante le assicurazioni arrivate da alcuni esponenti finiani di primo piano, come Andrea Augello, i berluscones temono che la prossima settimana, quando il ddl intercettazioni arriverà in aula a Palazzo Madama, il piccolo gruppo dei neo dissidenti del Pdl in quota Fini possano mettere in ponte iniziative tali da rendere complicata la rapida approvazione del ddl e il suo altrettanto rapido passaggio alla Camera. E siccome la paura è vera e reale, in ambienti Pdl si starebbe già pensando all’eventualità di porre la questione di fiducia, ben sapendo che Fini e i suoi non si prenderebbero mai la responsabilità di far cadere il governo senza avere alcuna garanzia sul futuro. Ma sarebbe un modo per spiazzarli e metterli in difficoltà obbligandoli all’isolamento. Ma ci sono troppe incognite. Casomai, sosteneva ieri un finiano alla Camera, se di fiducia si dovrà parlare, sarà proprio a Montecitorio che “varrà la pena contarsi e decidere, su un provvedimento così delicato, se chiudere qui la legislatura; ma non lo vuole nessuno, Fini per primo”. Sarà. Ma la tensione è alta al Senato. Dove ieri uno dei 14 finiani più agguerriti, Maurizio Saia, ha fatto ripetutamente le pulci al famoso “emendamento D’Addario” presentato dal relatore Centaro, quello che vieta le registrazioni fraudolente, arrivando al punto di ottenerne il ritiro da parte dello stesso relatore.

Il che ha voluto significare che anche i berluscones sentono il fiato sul collo dei finiani. Insomma, un clima da guerriglia, incandescente. E non solo al Senato. Alla Camera l’aria è la stessa. E proprio sentendo montare questo clima di nervi scossi che comprende anche la magistratura che Napolitano ha deciso di intervenire direttamente con un richiamo all’ordine e alla disciplina molto forte. Strigliando sia politici che magistrati (ma colpendo di più questi ultimi), Napolitano è partito lancia in resta contro una certa magistratura e i suoi “eccessi di protagonismo”, intimando alle toghe di “fare autocritica”. Poi, però, ha fatto una leggera retromarcia. E pur ribadendo che “quella del magistrato è una funzione che esige equilibrio”, ha ammesso che alcuni comportamenti criticabili certo non giustificano “l’ingiusta delegittimazione di cui i magistrati sono stati vittima”. Ma non è bastato a sedare la rabbia dei magistrati che è emersa dalla piccata risposta arrivata a stretto giro di posta dall’Associazione Nazionale Magistrati. "Il momento dell'autocritica è presente - ha replicato infatti il presidente dell’Amn, Luca Palamara - certo è difficile farla quando si è oggetto di attacchi e insulti. Per primi - conclude - rispettiamo tutte le altre istituzioni e l'autonomia del Parlamento: un rispetto che diamo e che chiediamo". A Napolitano, evidentemente, preme di stemperare il clima di contrapposizione tra governo e magistratura soprattutto in vista della prossima approvazione della legge sulle intercettazioni e della futura riforma della giustizia. E visto il clima che si respira anche nel Pdl, l’operazione è quella di richiamare al rasserenamento degli animi per evitare il peggio. “È necessario – ha infatti concluso - stemperare le esasperazioni e le contrapposizioni polemiche" che da anni caratterizzano il nodo, 'delicato e critico', dei rapporti tra politica e giustizia”. Rapporti che anche ieri hanno vissuto momenti di grande fibrillazione. Mentre alla Camera si consumava lo psicodramma delle dimissioni di Italo Bocchino, “condizionate, però, alle dimissioni di tutti i vertici del gruppo”, il presidente della Camera Fini riceveva proprio il presidente dell’Amn, Palamara, portatore di una richiesta su cui la terza carica dello Stato si è trovato immediatamente in sintonia.

“Le riforme della giustizia da fare con urgenza – ha detto sempre Palamara – sono quelle per ridare funzionalità al sistema”. Niente a che vedere, dunque, con quanto vuole Berlusconi. L’incontro di ieri a Montecitorio, dunque, ha ulteriormente rafforzato l’asse tra Fini e i magistrati che a questo punto contano sulle sue “esili” truppe per rendere complicato l’iter di alcune proposte di legge dei berluscones assai sgradite alle toghe. La prima in lista è proprio quella sulle intercettazioni su cui, tuttavia, i finiani non hanno intenzione di pestare più di tanto sull’acceleratore. A meno che non succeda qualcosa di diverso. E, ormai, nessuno dorme più sonni tranquilli.

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