di Bruno Tinti
In Spagna c’è un giudice; si chiama Baltazar Garzón. Credo sia una persona eccezionale: ha condotto indagini che in nessuna parte del mondo ci si è nemmeno sognati di iniziare. Da ultimo ha chiesto l’arresto di Pinochet e il sequestro dei suoi beni; ma prima di ciò si era occupato dei terroristi dell’Eta, di corruzione politica ad altissimo livello e di Telecinco, la tv privata spagnola. Insomma uno che fa sognare i cittadini e sta sull’anima al potere. Adesso ha pensato bene di andare a sgattare nella storia sanguinosa delsuoPaese,altempodellaguerra civile. E ha constatato quello che già tutti sapevano: che ci sono stati un sacco di morti ammazzati e soprattutto circa 120.000 desaparecidos; e le famiglie di questa gente gli hanno chiesto giustizia. Lui ci ha provato. Siccome 120.000 persone scomparse non sono poche, Garzón ha pensato bene di qualificare giuridicamente il fatto come crimine contro l’umanità, lo stesso tipo di reato, per intenderci, che è stato contestato a Milosevic e agli altri criminali di guerra jugoslavi, per giudicare i quali è stato addirittura istituito un tribunale apposito, quello dell’Aia. Insomma: qualificazione giuridica e scelte processuali adeguate, restava da verificarne proceduralmente la fondatezza e, naturalmente, la sussistenza. E magari i tribunali spagnoli avrebbero potuto dire che Garzón si era sbagliato e che nessuno era mai stato ammazzato o che non era vero che c’erano stati 120.000 desaparecidos; il che per la verità era poco probabile. Così alcune associazioni di estrema destra hanno pensato bene di denunciare Garzón per un reato di cui non ho trovato l’equivalente nel nostro codice, prevaricación: hanno detto che la qualificazione giuridica operata da Garzón – crimini contro l’umanità – era errata, che si trattava di normali omicidi e violenze commesse durante la guerra civile e che il tutto era coperto da un’amnistia emanata nel 1977. E soprattutto hanno detto che Garzón questo lo sapeva benissimo e che quindi aveva adottato un trucco, una qualificazione giuridica consapevolmente sbagliata, allo scopo di aggirare l’amnistia. Questo perché nessuna amnistia può coprire i crimini contro l’umanità; mentre i “normali” omicidi e atrocità varie restano un fatto interno del Paese che può decidere di amnistiare i peggiori criminali del mondo: se lo fa, sono fatti suoi. Hanno trovato un giudice, tale Varela, che ci ha creduto; e adesso Garzón è sotto processo. Insomma, fanno un processo al processo iniziato da Garzón.
Per capire quanto stupida sia questa cosa, basta chiedersi cosa ci stanno a fare i gip, i Tribunali, le Corti d’Appello e le Corti di Cassazione. In effetti, quando il potere politico era meno arrogante e prevaricatore, tutti erano convinti del fatto che il sistema giudiziario era costruito per verificare la fondatezza delle accuse. Per dire: un pm accusava Benedetto dal Popolo di aver commesso falsi in bilancio, corruzione, frode fiscale e falsa testimonianza? Benedetto si pagava 2 o 3 avvocati che facevano anche i parlamentari, faceva approvare leggi che abrogavano alcuni reati e facevano prescrivere gli altri e, alla fine, se ne usciva fischiettando dall’aula del Tribunale. Non era proprio una bella cosa ma il sistema era salvo. L’accusa era stata valutata dai giudici che avevano applicato la legge: sei innocente, finivano con il dirgli. Ed era tutto legale; certo che, se non ti chiamavi Benedetto dal Popolo avrebbero detto: sei colpevole e vai in galera, ma così è la vita.
Siccome questo sistema certe volte è un po’ rischioso, magari anche solo le indagini danno fastidio, la gente comincia a sentire un po’ di cose, comincia a dire: ma allora…, ecco che le associazioni franchiste hanno adottato il sistema detto sopra. “Caro giudice, il processo non lo devi proprio iniziare; io ti denuncio dicendo che tu lo fai non per scopi di giustizia ma per altri di natura politica e ideologica; e qualcuno che ti condanni lo troverò”.
Per la verità, le associazioni franchiste questa brillante idea non credo l’abbiano elaborata autonomamente; qualcuno deve avergli raccontato di quello che è successo in Italia a De Magistris prima e ad Apicella, Nuzzi e Verasani (i pm di Salerno) dopo. Vi ricordate? Quelli che indagavano su una Tangentopoli calabrese che chissà dove andava a finire. A De Magistris dissero che il suo decreto di perquisizione conteneva parti di motivazione non necessarie e che lui ce le aveva inserite per denigrare le persone interessate. E ai pm di Salerno che il loro decreto di perquisizione era troppo motivato e che lo avevano scritto così allo scopo di permettere legalmente alla stampa di pubblicare le informazioni che vi erano contenute.
Per fortuna noi non abbiamo il reato di prevaricación; però De Magistris l’hanno trasferito, Apicella l’hanno mandato a casa, e Nuzzi e Verasani li hanno censurati, trasferiti e gli hanno vietato di fare in futuro i pm. Soprattutto, gli hanno levato i processi, che era quello che contava.
Inutile è stato far notare che la valutazione della validità processuale degli atti dei pm è riservata per legge a gip, Tribunali della libertà, Tribunali, Corti d’Appello e Corti di Cassazione; e che ammettere il processo al processo significa la distruzione delle garanzie costituzionali. La risposta (una per tutte) è stata quella data da certa professoressa Vacca, componente del Csm e della Commissione che doveva giudicare De Magistris la quale, prima del giudizio, ha esternato alla stampa nazionale che De Magistris era un cattivo giudice e che sarebbe stato duramente colpito. Poi in effetti lo ha colpito e affondato. Questa cosa tecnicamente si chiama anticipazione di giudizio e, se venisse commessa da qualsiasi giudice, lo obbligherebbe all’astensione e lo esporrebbe (meritatamente) a un procedimento disciplinare. Naturalmente la professoressa Vacca non si è astenuta e non ha subìto alcuna conseguenza….
Tornando a Garzón, come ho detto, è probabile che i fascisti spagnoli abbiano trovato ispirazione dalle nostre parti. È proprio vero che basta una mela marcia… Adesso non solo l’Italia ha scoperto il modo di “normalizzare” la giustizia.
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