Dal direttore di RaiUno Mazza, all’ad di Poste Italiane Sarmi
di Carlo Tecce
Quante firme per Fini? Quanti deputati nel gruppo? E quanti senatori e sindaci? Risponde Galileo Galilei: “Misura ciò che è misurabile, rendi misurabile il resto”. E c'è qualcosa che gira, più o meno compatto, intorno alla galassia di Gianfranco Fini. La destra europea, democratica, moderna. Un po' Tory, un po' Farefuturo: “Noi siamo un pensatoio, non distribuiamo poltrone”, precisa Mario Ciampi, il direttore. I colleghi di Ciampi pensano, certo, e poi deliberano, sistemano bilanci miliardari, indirizzano l'economica italiana. Nel comitato esecutivo della fondazione siedono dirigenti di società private e pubbliche. In due parole: top manager.
Ferruccio Ferranti è amministratore delegato dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e consigliere di Sistema Fiera Milano, fugace esperienza nella disastrata Alitalia, due anni al comando di Sviluppo Italia, proprio durante il passaggio di consegne tra il governo Berlusconi e Prodi. Emilio Cremona è presidente del Gestore di Servizi Energetici (Gse): promuove sviluppo sostenibile, energia verde, sgravi fiscali. Il deputato Adolfo Urso e Giancarlo Lanna s'incontrano spesso: a Farefuturo per convegni e ricerche scientifiche, alle riunioni per il commercio estero. Urso in versione sottosegretario allo Sviluppo Economico, Lanna in grisaglia da presidente di Simest, la società controllata dal medesimo ministero. E poi l'Energia: Pierluigi Scibetta, consigliere nel Cda di Eni. Chiude la squadra, capitanata da Fini in persona, l'imprenditore bergamasco Giancarlo Ongis, presidente di Metal Group spa: una multinazionale della siderurgia con cuore lombardo e arterie che raggiungono il nord America e l'Australia.
Ecco, il comitato esecutivo di Farefuturo, l'anticamera della galassia finiana: “Sia chiaro: da Ferranti a Scibetta, noi condividiamo un percorso - aggiunge Ciampi – iniziato quasi tre anni fa. Loro sono professionisti con più esperienza... Non aiutiamo a promuovere le carriere. Qualcuno ha cambiato posizione, e in peggio, da quando sostiene Fini”. Buon vento, invece, per Marco Zanichelli (presidente di Trenitalia) e Alessandro Luciano (consigliere Cda di Enel).
La mappa delle aderenze finiane è in divenire. Il duello mediatico e politico con Silvio Berlusconi modifica all'istante la cartina geopolitica. Un nostalgico del Movimento Sociale prova la metafora: “Con la direzione del Pdl è crollato il Muro di Berlino. Adesso assisteremo alla balcanizzazione del partito e dei suoi referenti”. Per chi tifa Massimo Sarmi? L'amministratore delegato di Poste Italiane, nominato otto anni fa con la mediazione di Fini e il nullaosta di Gianni Letta (e dunque di Berlusconi).
Un po' a sorpresa e troppo a malincuore, dall'elenco dei fianiani va cancellato Guido Paglia, responsabile delle relazioni esterne Rai. A viale Mazzini era in quota Alleanza Nazionale, ma un alterco (o un litigio?) ha azzerato antichi rapporti di amicizia: “Non si parlano da mesi”, scandiscono con toni epigrafici alla Rai.
Il gonfalone degli ex An è sorretto da Mauro Mazza (direttore di Raiuno) e da Guglielmo Rositani (Cda). Nel servizio pubblico la sfilata è breve: Sangiuliano (vice di Minzolini al Tg1), Lavatore (vice di Liofredi a Raidue), i compagni del Secolo, Scipioni Rossi e Socillo.
I movimenti tellurici mischiano le carte della politica: forse Pierfrancesco Guarguaglini, numero uno di Finmeccanica, preferisce Fini a Berlusconi e forse la Confapi - anzi, di sicuro – ruota nella galassia? L'ex presidente dei giovani della Confederazione industriale - Catia Polidori - è deputata di stretta osservanza finiana e commentatrice del magazine di Farefuturo, diretto da un redattore del Secolo d'Italia, Filippo Rossi (il bersaglio preferito di Vittorio Feltri).
L'editoria merita un capitolo a sé. O un capitolo dedicato a Italo Bocchino. Incoraggiato dal ministro dell'armonia Pinuccio Tatarella, l'attuale capogruppo alla Camera riesumò nel '96 il quotidiano il Roma di Napoli (per caso, da un anno, non è più in abbinamento con il Giornale). Prospettiva inglese e David Cameron, l'uomo della destra britannica, per la rivista Con (conservatori contemporanei). Generazione Italia è l'ultimo parto, durante le contrazioni del Pdl: “Le poltrone non ci interessano”, scrive Bocchino sul sito. Politici ok, dirigenti ok, edicole ok. E i banchieri? “Magari...”, sospira Ciampi. Non avranno una banca, ma i capitali sono abbondanti.
Fini ha chiuso a doppia mandata il patrimonio di Alleanza Nazionale, l'associazione An (presto) sarà travasata nell'identica fondazione An coordinata dal deputato Donato Lamorte: dentro c'è un caveau che spazia dalla proprietà del Secolo d'Italia a decine di palazzi a Roma e Milano sino alle sezioni di provincia. Un potere immobiliare di oltre 300 milioni di euro, curato dal senatore Francesco Pontone (classe 1927): “Ma sì, arriviamo pure a 400”. Nel pantheon di Walter Veltroni c'erano don Milani, Martin Luther King, John Kennedy, per Fini c'è un libro che spiega il (fare)futuro più che il passato: “Fascisti immaginari” di Filippo Rossi e Luciano Lanna.
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