LA CRISI DI ATENE SI È ORMAI TRASFERITA A BERLINO: LA CANCELLIERA MERKEL CONTINUA A RIMANDARE GLI AIUTI
Nata come una crisi di finanza pubblica – tra sprechi e bilanci truccati – quella della Grecia è diventata prima un disastro europeo (con infiniti vertici domenicali e vaghi propositi di aiuto) e ora si sta trasformando in un grosso problema politico per il governo della cancelliera tedesca Angela Merkel, in piena campagna elettorale per le regionali in Renania-Nord Westfalia del 9 maggio.
Riassunto delle puntate precedenti: la Grecia ha un deficit nel 2009 di oltre il 12 per cento del Pil, un debito da rifinanziare (cioè si devono emettere molti nuovi titoli di Stato per sostituire quelli che, arrivati a scadenza, vanno rimborsati) in tempi brevi, conti pubblici che si è scoperto sono stati truccati con l’aiuto della banca d’affari Goldman Sachs e un’economia in recessione che non ha speranze di tornare competitiva, schiacciata dal fatto che usando l’euro non può neanche svalutare la moneta per rendere le proprie merci più convenienti.
I mercati perdono fiducia nella capacità della Grecia di onorare i propri prestiti e iniziano a pretendere rendimenti sempre più alti per prestarle soldi, con il risultato che il Paese arriva sull’orlo della bancarotta. Il 26 marzo un vertice europeo straordinario approva un piano di salvataggio: se la Grecia non riuscirà più a vendere i suoi titoli di Stato, gli altri Paesi dell’euro presteranno 30 miliardi, altri 15 arriveranno dal Fondo monetario internazionale. Il problema è che la Grecia, sabato, ha ammesso di avere bisogno di quei soldi e subito la Germania, che è il Paese guida nell’azione coordinata nonché il maggiore contributore dell’eventuale prestito, ha iniziato a prendere tempo. Ieri Angela Merkel ha detto: “Se la Grecia è pronta ad accettare dure misure, non solo per un anno ma per diversi anni, allora ci saranno buone possibilità di assicurare la stabilità dell'euro per tutti”. E subito il ministro delle Finanze di Atene George Papaconstantinou ha detto che il governo è pronto a farlo. Sottinteso: e adesso dateci i soldi prima che la situazione esploda, visto che ieri la differenza tra il rendimento dei titoli di Stato a dieci anni della Grecia e quelli della Germania ha toccato il massimo degli ultimi 12 anni, 6,63 per cento.
Segnale che i mercati considerano Atene sempre più a rischio. E non soltanto loro: il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha detto di essere “preoccupato da alcune rigidità che la Germania ha dimostrato”. E il presidente francese Nicolas Sarkozy è stato ancora più esplicito, in una nota diffusa dall’Eliseo dopo un incontro con il presidente della Commissione europea José Barroso si legge che entrambi “si sono trovati d’accordo sulla necessità di un’azione rapida e risoluta contro la speculazione nei confronti della Grecia al fine di assicurare la stabilità della zona dell’euro”. Che è un modo garbato di ricordare alla Germania che se non scatta il piano di prestiti di emergenza viene messa a rischio la stabilità dell’intera Eurozona (ieri l’euro si è indebolito ancora nei confronti del dollaro, arrivando a quota 1,33). Il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet ha ribadito: “Ho fiducia che chiuderanno il negoziato presto e bene”.
Ma la Germania sembra impermeabile, almeno fino alle elezioni del 9 maggio. E’ ormai chiaro che la Merkel è consapevole della necessità di sostenere Atene, ma si scontra con l’opposizione di gran parte della stampa e perfino della Bundesbank, la banca centrale tedesca (che, come tutte quelle della zona euro, concorre alle decisioni della Bce). Il governatore Axel Weber, candidato a succedere a Trichet, ha criticato ieri il coinvolgimento del Fmi nel salvataggio: “Che il Fmi sia attivo fuori dal finanziamento di deficit correnti in valuta estera è problematico”. E Guido Westerwelle, ministro degli Esteri liberale e primo alleato della Merkel, ha mandato in fibrillazione i mercati quando ha esplicitato le ritrosie tedesche: “Il governo non ha ancora preso una decisione sugli aiuti. Questo significa che la decisione può andare in una direzione o in un’altra. La Grecia prima faccia i compiti a casa, poi avrà gli aiuti”.
Forse dopo il 9 maggio, a elezioni regionali passate, l’atteggiamento della Germania cambierà. Ma nessuno può dire se per allora la Grecia così come la conosciamo ci sarà ancora.
(Ste. Fel.)
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