L’azienda cilena che progetta dighe è proprietà della società italiana
di Paolo Hutter
Il più grosso conflitto ambientale-energetico della storia del Cile ha un decisivo risvolto italiano: Enel. Per difendere la Patagonia cilena dalle enormi dighe progettate da Endesa il vescovo Luis Infanti e i leader del movimento Patagonia Sin Represas sono in missione in Italia. In particolare partecipano come “azionisti critici” il 29 aprile all'assemblea dell'Enel che acquisendo Endesa è diventata azionista di maggioranza dell'impresa Hydroaisèn, proprietaria di diritti dell'acqua e promotrice dell'iniziativa.
Il progetto è di cinque grandi dighe nel cuore della Patagonia cilena, nei fiumi Baker e Pascua, duemilatrecento chilometri a sud di Santiago del Cile. L'energia verrebbe portata a Nord da un elettrodotto altrettanto lungo, una fila di tralicci senza precedenti. Da una parte, dalla parte del progetto, ci sono le promesse di indipendenza energetica, tutta in fonti “pulite”, quali sarebbero le dighe. Dall'altra, dalla parte degli oppositori, non c'è solo l'accusa di devastazione ambientale in una delle ultime macro-aree intatte del pianeta, e lungo i ben 2.300 chilometri necessari per l'elettrodotto.
Ci sono anche divergenze sulle fonti energetiche e questioni di proprietà. I fiumi sono privati, e su questo punto l'iniziativa Patagonia Sin represas si salda con la campagna per la ri-nazionalizzazione dell'acqua in Cile, che fu venduta ai privati dal regime militare. Punto di riferimento della campagna è il senatore Guido Girardi che ha lanciato il logo “Recuperiamo l'acqua per il Cile” e che spiega: “la nostra è stata una delle privatizzazioni più spinte del mondo, non si tratta solo di gestione degli acquedotti ma di concessioni private permanenti sulla proprietà delle fonti e dei corsi d'acqua.” Nel caso specifico del progetto Hydroaysen, il “consiglio per la difesa della Patagonia” non chiede solo di bloccare il progetto delle dighe, ma chiede a Enel di restituire i diritti dell'acqua, acquisiti da Endesa quando Pinochet privatizzò anche i fiumi. “È legale, ma eticamente è una situazione insostenibile, chiederemo a Enel di trovare il modo di restituire questa concessione al popolo cileno” dice il vescovo della regione di Aysen.
Luis Infanti, nato a Udine ma da 35 anni in Cile, ha anche scritto una lunga lettera pastorale, un saggio divulgativo teologico-scientifico e pratico, intitolato significativamente “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana”. Dal punto di vista energetico, al posto delle grandi dighe – una tecnologia che Patagonia Sin Represas definisce “pesante e obsoleta” - gli oppositori insistono sul risparmio energetico e sul solare, sull'eolico e sulla geotermia. La stessa Enel, con la sua Endesa, ha avviato interventi del genere in Cile, con nuovi captatori solari nel deserto del Nord.
La polemica sulle grandi dighe è aperta in tutto il mondo. All'interno della Banca Mondiale, che ne ha finanziate molte, si era aperta una fase di revisione critica sull'opportunità ambientale e persino energetica di questi enormi progetti.
Ma paradossalmente sono state le esigenze internazionali di impegni per la riduzione delle emissioni da petrolio e da gas a far risorgere lo spettro delle dighe giganti.
In Brasile la controversia – tra magistratura statale e federale - è in questi giorni sul progetto Belo Monte, contestato anche da artisti internazionali come Sting e Cameron.
In Cile il governo è sostanzialmente favorevole al progetto delle 5 grandi dighe ma ufficialmente non si sbilancia. Il neo eletto presidente Pinhera non vuole provocare la opinione pubblica, che secondo i sondaggi dell'anno scorso sarebbe al 52- 55% contraria. Per ora i problemi del terremoto hanno posto in secondo piano la questione dighe. Tutto è ancora sotto procedura d'impatto ambientale. Attualmente il duello di carte bollate è ad alto livello. L'impresa Hydroaysèn ora deve rispondere a 1.114 osservazioni presentate dalla “Commissione dell'Ambiente”, una sorta di Arpa cilena che fa anche le Procedure di Valutazione Ambientale.
Il Consiglio di difesa della Patagonia aveva riversato sugli uffici della Commissione migliaia di osservazioni firmate dai cittadini, con tanto di scene teatrali di consegna delle casse di documenti. Di queste osservazioni la Commissione ha selezionato una parte, e l'impresa ha chiesto tempo fino al 30 giugno per rispondere. Juan Pablo Orrego, coordinatore di Patagonia Sin Represas, ieri a Milano per il convegno della rivista Valori sull'azionariato critico in vista delle assemblee degli azionisti di Eni ed Enel, ha confidato le sue preoccupazioni. “Enel- Endesa e il loro partner cileno Colbun stanno per dare il via a una nuova offensiva di pubbliche relazioni per conquistare il consenso. Stanno arruolando nuovi manager di alto livello, e soprattutto l'ex direttore della Televisione Pubblica, Daniel Fernandez. La nostra campagna per difendere la Patagonia, una delle ultime zone incontaminate del pianeta è sostenuta da molte organizzazioni nordamericane. Ma ci è difficile arrivare all'opinione pubblica italiana, che potrebbe condizionare Enel”.
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