giovedì 1 aprile 2010

L’ordine ai colonnelli: chiudere la partita entro due settimane


IERI SUMMIT CON ALFANO & CO: IL TESTO IN SENATO SUBITO DOPO PASQUA.

L’INCUBO DELL’INCHIESTA AGCOM. I DUBBI DI NAPOLITANO

di Antonella Mascali

Superato lo scoglio delle Regionali, Berlusconi vuole procedere come un missile verso il suo obiettivo. Concludere la riforma della Giustizia a sua immagine e somiglianza. A cominciare dalla legge sulle intercettazioni già approvata alla Camera l’11 giugno scorso, ferma al Senato, dove dovrebbe ripartire dopo Pasqua, forse già il 7 aprile, per essere approvata probabilmente entro il 20. È quanto ha ribadito il premier ieri pomeriggio a Palazzo Grazioli dove ha convocato il suo avvocato, Ghedini, i sottosegretari Letta e Bonaiuti, il ministro Alfano, i capigruppo Gasparri e Cicchitto. Al mattino aveva visto il vicepresidente dei senatori, Quagliariello ma non quello della Camera, il finiano Bocchino. A proposito delle intercettazioni, è stato Alfano a dire chiaro e tondo le intenzioni del governo: “Chiederemo l’immediata calendarizzazione di questo ddl che punta a far rientrare in limiti accettabili i costi delle intercettazioni, e a fare sì che non vengano intercettati a tappeto cittadini che nulla hanno a che fare con le indagini, e che le loro intercettazioni non finiscano sui giornali”.

Berlusconi l’ultima volta che si è scagliato contro è stato agli sgoccioli della campagna elettorale, è arrivato a dire che non sono “uno strumento idoneo di prova”. Anche in questo caso il suo interesse personale è netto. Le intercettazioni disposte dalla Procura di Trani sulle utenze del commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi, che veniva ossessionato dal premier per far chiudere Annozero prima delle puntate sul caso Mills e sul pentito Spatuzza, la dicono lunga sul perché Berlusconi vuole a tutti i costi la legge. A causa di quelle registrazioni, Berlusconi è indagato per concussione e minaccia. La sua “intercettazione-fobia” (salvo poi usare quella su Fassino-Bnl pubblicata da Il Giornale), sembra anche preventiva. Teme nuove inchieste a suo carico e nella posizione privilegiata di premier potrebbe avere canali preferenziali di conoscenza. Ma questa legge piace non solo a Berlusconi. Tanto che alla Camera è stata approvata dalla maggioranza, più 20 franchi tiratori. E anche il precedente governo di centrosinistra ha tentato di silurare le intercettazioni. L’avversione, mascherata dalla bufala che tutti siamo sotto controllo, si spiega solo con la constatazione che le intercettazioni sono lo strumento più valido per indagare sui colletti bianchi e sui politici, di fronte alla scarsità di denunce e testimonianze. Se il ddl diventerà legge si può dire senza esagerare che le inchieste saranno seriamente compromesse, assieme alla libertà di stampa. Basti considerare che un pm per ordinare le intercettazioni deve avere l’autorizzazione del Tribunale e soprattutto dovrà trovarsi di fronte a “evidenti indizi di colpevolezza” e non più a “gravi indizi di reato”. Si può quindi intercettare se c’è già un presunto colpevole, cioè quando non serve più. Inoltre le intercettazioni potranno durare al massimo un mese. In casi specifici fino a 2 mesi. Un tempo quasi mai sufficiente. Un solo esempio: le intercettazioni che hanno portato all’indagine sul capo della Protezione civile Bertolaso sono durate quasi due anni. Ma per mafia e terrorismo nulla cambia, dice sicuro Alfano.

Non è così. Perché è vero che un pm antimafia può intercettare se vi sono “sufficienti indizi di reato”, ma per soli 40 giorni. Per le proroghe ci vuole l'autorizzazione del Tribunale, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari. Inoltre i magistrati impegnati contro la criminalità organizzata denunciano che in molti casi le inchieste per 416 bis nascono da altre ipotesi di reato. Secondo il Csm questa legge “compromette le indagini anche per reati gravissimi” e “stravolge lo strumento di ricerca della prova delle intercettazioni”. Anche il presidente Napolitano - a giugno - aveva espresso i suoi dubbi al ministro Alfano: “Mi riservo di esaminare il testo approvato dalla Camera, di seguire il successivo iter parlamentare e poi di prendere le decisioni che mi competono”. Al Guardasigilli, il presidente avrebbe chiesto modifiche del testo ma in Senato tira aria di rapida approvazione del testo così come licenziato dalla Camera. Anche perché se ci fossero delle modifiche dovrebbe tornare a Montecitorio. I tempi si allungherebbero e Berlusconi non vuole.

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