Reintegro del Tribunale. Ma il Dg non ci sta e Di Bella non si muove
di Carlo Tecce
L’ha scritto un giudice: “La Rai ha violato il diritto alla libertà d'informazione e di critica del giornalista”. Il giudice del lavoro che reintegra Paolo Ruffini alla direzione di Raitre, cacciato in un tesissimo consiglio di amministrazione del novembre scorso per nominare, su proposta di Mauro Masi, l'ex direttore del Tg3 Antonio Di Bella. Il Tribunale di Roma accoglie il ricorso di Ruffini – la Rai annuncia l'immediata opposizione – e nell'ordinanza di sette pagine raccoglie fatti e notizie che mostrano la precaria autonomia del servizio pubblico, condizionato dalla politica e incurante dell'interesse aziendale: “La delibera di sostituzione al vertice non appare dettata da esigenze reali, presenta invece un chiaro connotato di motivazione discriminatoria e illecita”.
PRESSIONI. Le motivazioni vengono assorbite da tre citazioni determinanti: le critiche di Silvio Berlusconi alla rete, persino in diretta a Porta a Porta e poi a Ballarò; la telefonata (inchiesta di Trani) tra il direttore generale Masi e il commissario Agcom Innocenzi; l'audizione del medesimo Masi in Commissione di Vigilanza che denuncia “programmi unici al mondo contro il governo”.
Questa è la prima parte.
La seconda è frequente nella Rai che congela i dirigenti interni per agevolare appalti esterni: Ruffini inoperoso che raggiunge il posto di lavoro per fare nulla, Ruffini che aspetta invano una ricollocazione nella Rai. La sentenza è ormai scritta: il giudice obbliga la Rai a “reintegrare Ruffini alle precedenti mansioni svolte o equivalenti”.
RESISTENZA RAI. E l'avvocato Claudio Scognamiglio s'aggrappa disperato all'aggettivo: “La Rai si riserva di individuare le soluzioni idonee a conferire incarichi equivalenti”. Domenico d'Amati evita perifrasi e fa capire che Ruffini è intenzionato a ritornare presto a Raitre: “Per la legge è il direttore”. E così Ruffini ha scritto una lettera a Masi: comunica (non chiede) che lunedì farà visita alla direzione per decidere come e quando tornare al suo vecchio posto. Masi affronta le sconfitte mostrando i muscoli: conferma Di Bella, rifiuta qualsiasi incontro, ripete che risponde soltanto al Cda e, nel frattempo, proverà a plasmare un'altra poltrona per Ruffini. Pronte le sigle: coordinamento di Rai Digit, la piattaforma del digitale terrestre. Insomma: la solita offerta a Ruffini che, corretta e rivista infinite volte, per quattro mesi l'ha costretto a percepire un lauto stipendio senza muovere penna. Anche il giudice evidenzia il “danno grave e irreparabile”.
UNA POLTRONA PER DUE. La Rai s'appresta a votare i palinsesti per la prossima stagione autunno-inverno, un patrimonio editoriale che dovrà sedurre la pubblicità, ma il dg ha due interlocutori: Di Bella e appunto Ruffini. L'opposizione di viale Mazzini teme che Masi procederà d'imperio: scegliere da solo la programmazione, eliminare in scioltezza Parla con me di Serena Dandini e Glob di Enrico Bertolino. Senza consultare nessuno. L'azienda ha rassicurato che Di Bella resta dov'è, coinquilino simbolico sulla poltrona affidata a Ruffini da una sentenza. Il direttore di Raitre fa sapere che rassegnerà le sue dimissioni se la Rai sarà incapace di reperire la 'mansione equivalente' al collega: “Non combatto per il potere. Me ne vado? Vi farò sapere tra un paio di giorni”, confidava ieri ai suoi collaboratori.
In molti chiedono le dimissioni, quasi tutti di Masi: l'Italia dei Valori e il Partito democratico e, per istinto di sopravvivenza, il Popolo della libertà difende il dg a oltranza. Nino Rizzo Nervo è l'unico consigliere che votò contro la nomina di Di Bella: “Non deve farsi strumentalizzare e dunque deve lasciare e permettere a Ruffini di lavorare. L'azienda non minimizzi l'accaduto e soprattutto non trasformi la vicenda in una contesa tra due ottimi professionisti. L’ordinanza non può essere disattesa a meno che non si voglia violare anche il Codice penale”. Nonostante un ufficio legale di lusso – leggende narrano di sedici avvocati – la Rai perde sistematicamente le cause di lavoro e le paga con migliaia di euro persi: “Quasi il 90 per cento”, cerca di ricordare un funzionario.
Il presidente Paolo Garimberti cade in contraddizione: ricorda il suo voto a favore alla sostituzione di Ruffini perché la rete aveva “bisogno di un'iniezione di energia e nuovi stimoli intellettuali”, ma precisa di rispettare le decisioni della magistratura. Tradotto: Garimberti spera che Masi convinca Ruffini perché Di Bella è intoccabile. Il sindacato dei giornalisti (Fnsi), a dispetto del presidente di garanzia, accusa il dg: “Un'azienda normale non l'avrebbe rimosso”. Masi farà le barricate per scacciare l’incubo Ruffini, la destra vigilerà le retrovie e, caso raro se non unico, riceve il sostegno della leghista Giovanna Bianchi Clerici.
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