giovedì 10 giugno 2010

LO STRANO ANDAMENTO DEI TITOLI DI STATO ITALIANI SUI MERCATI

di Superbonus

C’è una regola in questa crisi: i politici e banchieri europei aspettano sempre di essere messi con le spalle al muro dai mercati prima di agire. È il principio fisico della minima azione di Lagrange applicato alla politica. Questo principio ha fra i suoi seguaci i vertici della Banca centrale europea che resistono fino all’ultimo alla necessità di stampare moneta e spostare il rischio: dalla bancarotta degli Stati all'inflazione.

La Bce non ha, per il momento, intenzione di intraprendere la strada della Federal Reserve e dalla Banca d’Inghilterra di comprare, in misura quasi illimitata, titoli pubblici e privati emettendo nuova moneta. In questo trova un suo sponsor nella Germania che preferisce misure deflattive (lacrime e sangue) degli Stati, chiamati a stringere sempre di più i cordoni della borsa o ad aumentare le tasse. La partita che hanno perso a Bruxelles il premier spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha prodotto le manovre finanziarie in tutta Europa e quella italiana da quasi 25 miliardi, sollecitate dalla Commissione europea.

Il secondo tempo della partita si sta giocando in queste ore sul mercato finanziario: la Spagna è oramai con le spalle al muro con un differenziale di rendimento (spread) dei suoi titoli a 2 anni ed i titoli tedeschi del 2,40 per cento, segnale che il mercato considera il debito di Madrid sempre più rischioso, se confrontato con quello di Berlino. L’Italia ha rischiato di fare la stessa fine con uno spread che si è pericolosamente avvicinato al 2 per cento per poi tornare su livelli (si fa per dire) più ragionevoli (1,52 per cento).

Non sono in pochi nel mercato ad avere notato che l’apprezzamento dei nostri titoli di Stato non è stato guidato da un forte movimento di compratori ma da flussi unici provenienti per lo più dall’Italia e che si mormora “ispirati” dai palazzi romani. Se così fosse saremmo di fronte alla resa definitiva della linea dei Paesi periferici di interventi “monetari” della Bce e a un ultimo disperato tentativo di difendere i Buoni Poliennali del Tesoro (Btp). Intendiamoci, non c’è niente di male nel fatto che le istituzioni domestiche siano chiamate a fare sistema, il problema che si pone è fino a quando questo sarà possibile?

La domanda che Lucia Annunziata ha posto al ministro Roberto Maroni nell’ultima puntata di Ballarò arrivava al punto: “Gli altri Paesi hanno presentato manovre finanziarie di importi ben superiori alle nostre ma spalmate su un arco temporale maggiore, tre o cinque anni, cosa ci aspetta dopo questa manovra appena approvata?” La risposta di Maroni è solo un auspicio di avere maggiore crescita.

Ma Tremonti sa come stanno le cose e sicuramente ha un piano B se i mercati dovessero di nuovo prenderci di mira. Il problema è, sempre per citare l’Annunziata, il “rapporto di chiarezza con i cittadini” e con i mercati: gli investitori sanno benissimo che i 6 miliardi di recupero dall’evasione fiscale promessi dal governo sovrastimano volutamente un dato che si fermerà a meno della metà. Inoltre gli investitori conoscono la situazione di Comuni, Province e Regioni e delle mille emergenze (e deroghe) che si apriranno, dall’immondizia alla sanità. La sensazione per gli operatori più esperti è quella che qualcuno sia stato convinto, con moral suasion o altro, a comprare Btp e tempo in nome e per conto del governo. E le impressioni contano per chi opera sui mercati.

Non sappiamo per quanto tempo questo possibile bluff, con i titoli sostenuti artificialmente, durerà. Ma siamo sicuri che fino a quando il mercato si mostrerà tranquillo, Silvio Berlusconi applicherà alla lettera il principio di Lagrange della minima azione possibile. Il cancelliere tedesco Angela Merkel e il nuovo primo ministro inglese David Cameron non vogliono commettere lo stesso errore e agli elettori promettono soltanto lacrime e sangue.

Il governo italiano, invece, continua a navigare a vista incrociando le dita e sperando che tutto vada bene.

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