di Gianfranco Pasquino
È persino difficile dire se la confusione, fra ruoli politici e ruoli istituzionali, regni sovrana. Per Berlusconi, che non riconosce l’esistenza né degli uni (lui non è un politico, ma un impresario) né degli altri (delle istituzioni non ha la minima idea), tutto è personale, qualche volta, poche, però, è anche privato. Lui è un ultra sessantottino: “il personale è politico”. Dunque, viene molto disturbato quando gli fanno notare che i ministri e i sottosegretari non debbono farsi gli affari loro, cosa di cui è accusato persino il presidente del Consiglio (ma, insomma, loro non sono mica al suo livello), esistendo, già dai Romani (no, non quelli di “Roma ladrona”), qualcosa che si chiama res publica, la cosa pubblica, alla protezione e promozione della quale è dovere degli eletti provvedere. La sfida di Fini non è soltanto sulle regole del gioco e sul rispetto delle istituzioni. Qualche volta, del tutto inopinatamente per Berlusconi e per coloro che, attorno a lui, hanno dimenticato o non hanno mai saputo che esiste anche un regime che si chiama democratico, è sulla necessità di passare dal potere cesaristico al potere legale-razionale, che osserva le regole, non vuole stravolgerle, fa riforme per migliorarne il funzionamento che Fini insiste. La sua è una sfida insidiosa, ma largamente, non sorprendentemente, minoritaria. Per parafrasare il Presidente della Camera, viene portata avanti con un “puntiglio” agli occhi di Berlusconi, di Cicchitto e di Gasparri, “irragionevole”. Hanno ragione loro. Chi conta i numeri (e i sondaggi), esercizio nel quale il Presidente impresario non da oggi primeggia senza rivali, non può che chiedersi se Fini sa dove vuole andare, ma soprattutto quando. Nei tempi brevi, nessuna possibilità di vittoria esiste per Fini. Anzi, il rischio è che Fini si trovi senza potere istituzionale e quindi con un potere politico molto ridotto, ai limiti dell’irrilevanza. La sua sfida rimane molto irritante per Berlusconi poiché segnala che non tutti nel suo stesso schieramento lo apprezzano e l’amano. La percepisce come una sfida né politica né istituzionale, ma personale. Qualcuno potrebbe, se non alleviargli il dolore, almeno farglielo temporaneamente dimenticare, portando alla sua attenzione gli sgretolamenti nella compagine di governo.
Nell’ignominia se ne è andato il Ministro per lo Sviluppo Economico e nessuno degli industriali che, pure, continuano a preferire il governo Berlusconi a qualsiasi alternativa, ha accettato l’offerta, non del tutto estemporanea, a sostituirlo. La manovra per ridurre le spese si fa; quella per rilanciare lo sviluppo manca persino del responsabile. La cricca intorno alla Protezione Civile, compresi coloro che avevano altri compiti istituzionali, vale a dire
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