

FRANCESCO GRIGNETTI
La prima testa è caduta: Antonio Martone, ex avvocato generale in Cassazione e aspirante procuratore generale di Cassazione, da qualche mese a capo di una Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità (e non è uno scherzo) delle amministrazioni pubbliche istituita dal ministro Brunetta, lascia la magistratura. Secondo l’inchiesta sull’associazione segreta messa in piedi da Flavio Carboni, Martone avrebbe partecipato alla cena del 23 settembre scorso nella casa romana di Denis Verdini. Nel corso di quella cena si sarebbe discusso di come avvicinare i giudici della Consulta che di lì a poco dovevano decidere sul Lodo Alfano. Già presidente dell’Anm e poi dell’Autorità garante sul diritto di sciopero, Martone, 69 anni, due giorni fa ha presentato richiesta di pensionamento.
È già insorta l’associazione nazionale magistrati. «Il tema della questione morale - dichiarano solenni Luca Palamara e Giuseppe Cascini - non ammette indugi e tentennamenti. Non vogliamo magistrati contigui al potente di turno e vicini ai comitati d’affari. Il clima di inquinamento e di condizionamento che emerge dagli atti è allarmante. Chiediamo alle istituzioni competenti di intervenire con prontezza e rigore».
La prima delle istituzioni chiamate a intervenire è l’organo di autogoverno della magistratura, il Csm. Caso vuole che appena qualche giorno fa il Csm, alla presenza del Capo dello Stato, abbia nominato alla presidenza della Cassazione il successore di Vincenzo Carbone, un altro intercettato mentre è in imbarazzanti conciliaboli con uno degli arrestati. «In diverse procedure di nomine di magistrati ci furono avvisaglie di opacità e pressioni e io fui tra quelli che lo segnalarono», ricorda il consigliere Livio Pepino, Md. «Mi riferisco alla nomina di Antonio Martone ad avvocato generale della Cassazione: ricordo che in plenum parlai di suoi rapporti con centri di potere che rendevano inopportuno affidargli un incarico così delicato. Penso anche alla nomina di Vincenzo Carbone».
Le indagini, intanto, non possono considerarsi concluse con l’arresto di Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino. Nei prossimi giorni verrà sentito il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, indagato per il filone del business eolico.
Ieri sul tema dell’associazione segreta è intervenuto anche il procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso, subito prima di un dibattito a Firenze. «Qualcuno oggi può dire: si tratta di lobby. Bisogna però vedere se questa attività lobbystica mette in pericolo la democrazia e l’uguaglianza dei cittadini, oppure no, e poi bisogna vedere se c’è la volontà politica di perseguire anche quello». E ha aggiunto: «Oggi sembra di assistere alla presenza di una rete criminale in cui c’è uno scambio di favori talmente complicato che non rientra nei nostri modelli giuridici, in particolare nel nostro modello di reato di corruzione. Pertanto i giudici sono costretti a ricorrere a reati associativi, per ricostruire il reticolo criminale da cui si origina uno scambio di favori e privilegi».
Quanto a Denis Verdini, e alla richiesta di dimissioni sollevata dai finiani, Italo Bocchino insiste: «Penso che sarà costretto a dimettersi. Noi abbiamo visto finora solo una parte delle intercettazioni. Ma quando emergeranno le intercettazioni che hanno portato a indagare lo stesso Verdini, è difficile che riesca a resistere». Gli altri due coordinatori del Pdl - Sandro Bondi e Ignazio
Ha tardato fino all’ultimo a dare le dimissioni, intanto, un altro indagato per l’associazione segreta, Ernesto Sica, assessore regionale in Campania, uno dei principali organizzatori del complotto contro la candidatura di Stefano Caldoro. Il governatore della Campania ha incontrato ieri Sica per un lungo faccia a faccia e ha preso atto che l’assessore s’è dimesso.

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