sabato 3 luglio 2010

I DIECI GIORNI CHE SPAVENTANO IL SULTANO


Fini attacca, Gasparri va da Napolitano Cicchitto parla di possibile scissione

di Sara Nicoli

“Ghe pense mi!”. Eccolo di nuovo qua, il Cavaliere. “Da lunedì – ha dichiarato a tutti i tg dell’ora di cena - mi rimetto a lavorare, con una situazione italiana che non mi pare precisamente tranquilla, ma tutte le cose sul tavolo andranno a buona fine”. Come ci andranno è però tutta un’altra faccenda. E Berlusconi lo sa. Tant’è che ieri, di buon mattino, ha cercato subito di mettere le toppe a quanto i suoi avevano combinato in sua assenza. Prima di tutto, disinnescare la mina Ghedini, esplosa giovedì. Spedendo Gasparri di corsa al Quirinale.

Certo, pensare che le sorti della concordia politica nazionale siano affidate all’affabulazione del presidente dei senatori Pdl potrà far correre brividi lungo la schiena. Ma si deve proprio a lui se ieri il Capo dello Stato non ha chiesto direttamente a Berlusconi la testa dell’avvocato “di lotta e di governo” dopo la sua aggressione a freddo lanciata verso il Quirinale dalle colonne del Corriere sul ddl intercettazioni. Persino Schifani aveva preso le distanze: “Le parole di Capo dello Stato si ascoltano, non si commentano”. E invece lui, Ghedini, le aveva commentate eccome, facendo imbestialire l’opposizione, ma anche un po’ i suoi, per manifesto eccesso di zelo: “I commenti del Quirinale – aveva detto l’avvocato del premier – sono assai pregevoli, ma la sua valutazione è di natura tecnica, altrimenti dovrebbe farsi eleggere”. Quindi ecco Gasparri, pronto a sfoderare tutta la sua pazienza per dire a Napolitano che, sì, certo, “di sicuro ha un po’ esagerato – ha più o meno spiegato l’ex aennino - ma lui d’altra parte fa l’avvocato e deve fare il suo mestiere, la maggioranza invece segue con grande attenzione i suggerimenti del Colle”.

Capitolo chiuso con il Quirinale? Assolutamente no. Perché mentre Gasparri s’improvvisava per la seconda volta pompiere, arrivando a dire che “sulle intercettazioni faremo modifiche, basta che si arrivi presto alla legge, che ci sono troppi abusi”, a palazzo Grazioli il premier riuniva i vertici Pdl per fare il punto della situazione. Al centro proprio il problema intercettazioni, ma anche cosa fare con Fini. Che simpaticamente è stato definito da un gruppo di sostenitori pidiellini “più fastidioso delle vuvuzelas”. Su di lui c’è stata una discussione fittissima con Cicchitto, Quagliariello, La Russa e sempre Gasparri, assenti Bondi e Verdini. Quindi la decisione del premier, presa a caldo, di parlare alla nazione, per chiarire “che cosa è successo davvero al G8 e al G20, che hanno raccontato un sacco di balle: ho portato a casa accordi per un punto percentuale del Pil”. Gettare polvere negli occhi mentre tutto intorno crolla è una tecnica sempre buona.

Dietro i riflettori di scena televisiva, infatti, i problemi per la maggioranza sono davvero altri. Durante il vertice di ieri, Berlusconi ha fatto chiaramente capire di non voler proseguire oltre una coabitazione così litigiosa con Fini. All’uscita ha spiegato Cicchitto: “O si definiscono in modo serio i termini di una convivenza fondata su atteggiamenti positivi e costruttivi, oppure sarà più ragionevole definire una separazione consensuale”. Il governo, di fatto, è in stallo. E il ddl intercettazioni è lo specchio di una situazione che potrebbe rivelarsi esplosiva per l’esecutivo, nonostante anche la Lega abbia manifestatato una significativa apertura verso le modifiche pur di svelenire il clima: “Siamo disponibili al dialogo – ha chiarito Marco Reguzzoni, capogruppo del Carroccio alla Camera – e l’appello del Capo dello Stato è la sintesi a cui dobbiamo attenerci”.

Il ddl intercettazioni, a questo punto, par di capire che verrà modificato e che raggiungerà il Senato a settembre per essere approvato definitivamente in quarta lettura. Basta che si tolga dal tavolo la questione. Sulle modifiche si parlerà da martedì direttamente in commissione con Giulia Bongiorno che, a questo punto, le accetterà di buon grado. “D’ora in poi – sostiene infatti Cicchitto – ci dovremo concentrare sul sostegno all’iniziativa politica e di governo e sulle riforme”. E chi non ci sta, è il messaggio, si può accomodare alla porta. Sulle intercettazioni e sulla mediazione con il Quirinale si giocano, dunque, i dieci giorni più importanti per la sopravvivenza del governo e, forse, per la legislatura. Mercoledì prossimo ci sarà un delicato ufficio di presidenza del Pdl dove tutti i nodi verranno al pettine. “Si tratta di sviluppare la nuova azione politica e parlamentare – ha sostenuto ancora Cicchitto – e dunque con chi non è d’accordo sarà più ragionevole definire la separazione consensuale”. Fini e i suoi sono avvisati, proprio alla vigilia della discussione sulla manovra, sul federalismo, sulle intercettazioni. A meno di non volersi prendere la responsabilità di far cadere il governo.

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