sabato 3 luglio 2010

Sacrificare Brancher? Berlusconi ci sta pensando


IL CAVALIERE E I SUOI SONO PREOCCUPATI DALLA MOZIONE DI SFIDUCIA DELLE OPPOSIZIONI

di Caterina Perniconi

Mezz’ora di colloquio a Palazzo Grazioli. Trenta minuti di tensione durante i quali Silvio Berlusconi ha dovuto scaricare uno dei suoi “scudi umani”: Aldo Brancher.

La nomina a ministro dell’ex sacerdote paolino è stato un autogol che Berlusconi sta pagando a caro prezzo, non solo dal punto di vista mediatico. Il passo indietro che Brancher si appresta a fare è un altro punto a favore di Gianfranco Fini, che oltre alla battaglia intercettazioni, sta combattendo anche quella sul fronte manovra.

Mentre nell’ufficio accanto coordinatori e capigruppo continuavano la riunione sulla legge bavaglio, non tralasciando comunque il caso Brancher, lo stesso neo ministro ha prospettato al premier la possibilità di farsi da parte.

“C’è una riflessione in atto, qualcosa potrebbe succedere”, fanno sapere dal quartier generale di via dell’Umiltà, ma precisano che “non è stata presa ancora nessuna decisione”. L’obiettivo sarebbe quello di evitare il voto di sfiducia richiesto dal Partito democratico e dall’Italia dei valori, in calendario l’8 luglio alla Camera per paura di qualche “franco tiratore” che potrebbe giocare un brutto scherzo alla maggioranza. Proprio in quest’ottica il Cavaliere ha invitato i suoi a non offrire il fianco ai finiani: “Bisogna trovare un modo per tagliar fuori Fini dal partito – ha detto Berlusconi – il tempo delle mediazioni è finito, ormai la situazione è insopportabile”. Brancher incontrerà nuovamente il premier domani a Milano, e lì probabilmente sarà presa la decisione definitiva. Anche alla luce del vertice leghista di ieri, che ha visto riuniti intorno a Umberto Bossi, ministri e governatori leghisti, concordi nel valutare la nomina di Brancher più un problema che una soluzione.

Era stata proprio la Lega, infatti, a insistere sulla nomina a ministro del loro uomo di collegamento col Pdl. Il disegno, però, era quello di sostituirlo con Giancarlo Galan alle Politiche agricole, per promuovere l’ex presidente del Veneto allo Sviluppo economico. Un altro ministro nelle pieghe del federalismo, però, non era previsto, né utile. Ancora meno se l’obiettivo di interrompere il processo sulla scalata dei “furbetti” non andrà in porto. Il condizionale è ancora d’obbligo: nonostante l’annuncio alla stampa, infatti, la rinuncia al legittimo impedimento non è stata ancora notificata alla cancelleria del Tribunale di Milano. Lunedì è prevista l’udienza in cui il ministro è imputato per ricettazione e appropriazione indebita, e i legali avranno tempo fino ad un minuto prima per la comunicazione. Ma il politico ieri, prima del colloquio con Berlusconi, non aveva ancora le idee chiare sulla sua partecipazione. La scusa era quella di apparire in contraddizione con gli impegni certificati dal segretario generale della presidenza del Consiglio, Manlio Strano, che non lo davano disponibile prima del 7 ottobre.

“Prima si dimette e meglio è – hanno fatto sapere dal Pd – sarebbe un atto di correttezza istituzionale e di rispetto nei confronti del Paese. Giovedì voteremo la mozione di sfiducia che porta come prima firma quella del nostro capogruppo Franceschini – ha dichiarato Alessandro Maran - se prima di allora sapranno porre rimedio all’enormità che hanno fatto, sarà tanto di guadagnato per tutti”.

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