IL CAPO DELLO STATO ESPLICITA DUBBI SUL DDL E FINI: NECESSARIO FERMARSI E RIFLETTERE
di Sara Nicoli
I punti critici del ddl intercettazioni sono chiari e sono quelli che preoccupano il Quirinale. Inutile andare oltre, cercare di mistificare, come prova a fare il presidente dei deputati Pdl, Fabrizio Cicchitto, che effettivamente si sia fatto tesoro di quanto lasciato trapelare dal capo dello Stato. La realtà è un’altra. Napolitano è molto preoccupato di come finirà questa partita.
“In genere dall’estero non faccio commenti sulle cose italiane - ha detto il presidente della Repubblica da Malta, dove si trova in visita di Stato - ma vista la confusione che ancora colgo in certi commenti di stampa sulla legge delle intercettazioni posso ribadire che i punti critici della legge approvata dal Senato risultano”. E ovviamente, quei punti critici “non si è mancato di sottolinearli nei rapporti con esponenti di maggioranza e di governo”. Dunque, il governo ha piena coscienza di quali e quanti siano i problemi legati al ddl, anche se non spetta certo al capo dello Stato “indicare soluzioni da adottare e modifiche da apportare”. Certo è, però, che non appena il ddl, divenuto legge, arriverà sulla sua scrivania “ci riserveremo – sono ancora parole di Napolitano – la valutazione finale nell'ambito delle nostre prerogative”. Come a dire: la firma del provvedimento è tutta da discutere. Perché, sottolinea Bersani, in fondo il capo dello Stato si aspettava “delle modifiche, che a dire il vero ci aspettavamo tutti, ma io sono perché il ddl venga ritirato”. Un desiderata, quest’ultimo del ritiro, che resterà nella mente di Bersani perché la maggioranza andrà fino in fondo.
Il Pdl lo ha ribadito ieri con chiarezza: “Non è tollerabile – sostengono Jole Santelli ed Enrico Costa, entrambi in commissione Giustizia della Camera – la richiesta di ritiro dopo due anni dall’inizio della discussione”. Nessuna marcia indietro, dunque. Anche a costo di strappare definitivamente con Fini. Ed è questa, in fondo, la partita che si sta giocando dietro le quinte dell’ultimo round parlamentare del ddl: obbligare il presidente della Camera a fare un passo definitivo. E di cosa attende per le prossime settimane se n’è avuto un assaggio ieri, quando proprio il ddl intercettazioni ha dato la stura ad un durissimo scontro tra Fini e il ministro Sandro Bondi.
I due sono apparsi su posizioni distanti a livello siderale su tutte le questioni, dalla democrazia interna al caso Brancher, ai rapporti con
Ha attaccato anche su Cosentino, Fini: “Dimmi il nome di una democrazia del mondo in cui rimane segretario regionale di partito e sottosegretario un signore nei confronti del quale la magistratura ha emesso un mandato di cattura”. Bondi, rosso in volto, ha reagito: “Così non ci siamo. Continui distinguo rispetto al partito e al governo e alla linea di Berlusconi, “appaiono come inutili provocazioni e uno stillicidio di polemiche quotidiane”. Fini esasperato ha replicato: “Allora continuerò a fare il controcanto”. Un botta e risposta che ieri ha avuto anche altri protagonisti.
I senatori della commissione Giustizia del Senato, infatti, si sono risentiti parecchio per il fatto che alla Camera è stata concessa qualche possibilità di modifica quando “a noi è arrivato blindatissimo”. E lo sarà davvero. Quello che attende il provvedimento, infatti, è una sicura richiesta di fiducia. Con Schifani che conferma: “Il ddl arriverà a Palazzo Madama dopo l’estate”
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