UGO MAGRI
Riavvolgere il film delle ultime settimane: chissà se Berlusconi, potendo, accetterebbe la raccomandazione che gli viene da amici di lunga data. Azzerare tutto. Rimangiarsi l’espulsione per decreto di Fini. Condannare le aggressioni dei suoi giornali alla famiglia Tulliani. Cucirsi la bocca nei confronti del Quirinale. Insomma, prendere atto una volta per tutte che le cariche a testa bassa non lo liberano dai guai. Semmai, peggiorano la condizione...
Sono tanti, nelle ultime ore, quelli che cercano di spingere il Cavaliere a più miti consigli. Non solo «pacifisti» alla Gianni Letta. Praticamente l’intero gruppo di vertice del Pdl, la vecchia guardia, è su questa lunghezza d’onda. Ma pure alleati ruvidi come Umberto Bossi. E addirittura «colombe» insospettabili come l’avvocato Ghedini, il quale sa perfettamente che solo in un clima di autentica pacificazione con Fini potrebbe strappare un «salvacondotto» giudiziario per il suo cliente, alle prese con processi (vedi Mills) vicini a concludersi con la condanna.
E’ un coro, ormai. Eccezion fatta per il gruppo di amazzoni (
Contro Fini l’offensiva è fallita, si combatte nel fango, avanti di questo passo perderà pure la guerra nella vana attesa dell’«arma segreta» (qualche rivelazione choc sull’appartamento di Montecarlo) che forse non arriverà mai. Quindi occorre trattare adesso, quando ancora è possibile in condizioni onorevoli. Ascoltando che cosa vuole Fini, e se si tratta di proposte fondate sul buonsenso accettarle. Rinunciando nel frattempo a bombardare il presidente della Camera, a chiederne le dimissioni, a epurare i suoi uomini, a tentare di spaccargli il gruppo. In una parola, Berlusconi viene invitato ad attendere che cosa Gianfranco dirà domenica a Mirabello, quando si rivolgerà al Paese (come anticipano i finiani) «e lì fisserà i suoi paletti».
In che cosa consistano questi «paletti», nessuno sa dirlo. Ma agli ambasciatori leghisti (Cota e Calderoli) qualcosa Fini ha lasciato intuire. Il presidente della Camera metterà radici nel centrodestra, deludendo quanti vorrebbero spingerlo nel Terzo Polo casiniano. E dirà più o meno al Cavaliere: se desideri governare fino al 2013, non hai che due chances. O ti rimangi l’editto in cui mi dichiari «incompatibile» dal Pdl. Oppure garantisci un’alleanza elettorale al partito che, fuori dal Pdl, dovrei fondare. A te, caro Silvio, la scelta...
Se davvero Fini pronuncerà l’aut-aut, come scommettono queste fonti leghiste, nel campo berlusconiano si aprirà la bagarre. Qualcuno suggerirà al Cavaliere di rispondere «m....» proprio come il generale Cambronne a Walterloo. Altri (sulla scia di Giuliano Ferrara) suggeriranno di «resettare» le polemiche, restituendo a Fini la «compatibilità» e a Bocchino la carica di vice-capogruppo vicario. Altri ancora sosterranno, invece, che un via libera al partito finiano sarebbe in fondo il male minore (è la soluzione preferita da Bossi). Ma tutti, proprio tutti, inviteranno Silvio a tener duro sul processo breve. Come minimo Fini dovrà provare la sua lealtà sostenendo la legge che, nelle pieghe della disciplina transitoria, cancella i processi contro il premier.
Sintomatico ieri il capogruppo Pdl Cicchitto, che pure passa per un trattativista: «L’eccesso di furbizia su questo argomento può provocare disastri», ammonisce Bocchino & C, «servono impegni precisi».
Come al solito, gli schizzi della faida interna tendono a lambire il Colle più alto. Ed è curiosa la sincronia delle due sponde. Da una parte i finiani sostengono che il vero ostacolo al processo breve non sono loro, bensì Napolitano, dunque il Cavaliere se la prenda con lui. Dall’altra Berlusconi mostra di crederci. E non perde occasione, nei colloqui privati, per lamentarsi del Quirinale sempre poco compiacente. Si sfoga così spesso, in tono talmente acuto, da farsi udire ovunque e da rendere inutili le successive smentite del portavoce Bonaiuti: come raccogliere il mare con un cucchiaio.
Napolitano a sua volta non ama farsi tirare per la giacca. Si può comprendere, dunque, l’irritazione presidenziale. Ma il vero dramma è che le sue riserve al processo breve, ben note dalle parti di Palazzo Chigi, non hanno ancora prodotto alcuna rettifica. Fonti berlusconiane si sentono di escludere che Ghedini e il ministro Alfano stiano preparando emendamenti, o addirittura qualche nuova scappatoia giuridica per il premier: «Il testo è quello», dicono, «e tale resterà». Neppure frena Berlusconi la prospettiva che Napolitano, una volta approvata la legge, possa rinviarla alle Camere per un riesame. «Pazienza, in quel caso la riapproveremo tale e quale», alzano le spalle i pretoriani. L’enorme «rospo» di Fini si può ingoiare, aggiungono, ma a patto che Berlusconi venga sottratto una volta per tutte alle grinfie dei «giudici comunisti».
1 commento:
CAPITO L'ENORME MERDAIO IN CUI SGUAZZA LA CLASSE POLITICA CC.D. DI "CENTRO-DESTRA"?
ANTONIO DI PIETRO, ANCORA UNA VOLTA, HA RAGIONE A NON FIDARSI DI FINI.
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