lunedì 2 agosto 2010

Nel castello inaccessibile di Tor Crescenza l'estate più dura del Berlusconi assediato


di FILIPPO CECCARELLI

Siccome Palazzo Grazioli non bastava; e siccome per varie ragioni, hanno esaurito la loro spinta propulsiva la reggia di Arcore e le mirabilia della Certosa; né evidentemente pare all'altezza dell'evento stagionale da consacrare villa Correnti, sul lago, e forse nemmeno, tra le zanzare della Brianza, sembra adeguata l'ultimo acquisto, villa Gernetto, quella dedicata alla futura università del pensiero liberale, cioè il suo; siccome tutte queste dimore non vanno più o comunque sanno un po' di minestra mediatica riscaldata, come è e come non è, il presidente Berlusconi ha pensato di ambientare la sua rimarchevole estate in un vero castello, a Tor Crescenza.

Qui viene a dormire, qui riceve e qui si dedica allo svago para e meta-istituzionale, lasciandosi allestire feste con le graziose sue onorevolesse, scaglionate secondo misteriosi codici: dietro quelle mura finalmente al riparo dagli sguardi indiscreti che tanti guai gli hanno procurato. Allegro, sembra, e forse pure appagato da un inconfessabile sogno baronale. Irrequieta famiglia patrizia, i Crescenzi innalzarono nei secoli oscuri una torre, non lontano dalla via Flaminia, e attorno al maschio nel XV secolo prese vita il maniero, oggi di proprietà della principessa Borghese. Che opportunamente infiocchettato lo affitta agli sposi vip, alla produzione di film, alle case di moda, alle agenzie che organizzano eventi commerciali e al presidente del Consiglio.

Qui Berlusconi cerca anche di dimenticare ciò che da qualche tempo ha preso a girargli al contrario: la rottura con Fini, la diffidenza di Napolitano, la crisi economica, l'immondizia di Palermo, i guai della Fiat, lo sdegno di Casini, l'imprevedibilità della Lega, gli impicci famigliari, il rebus del successore di Scajola, i sommovimenti della Campania, la freddezza di Washington, il tiro al piccione su Verdini, il centro storico dell'Aquila, i sondaggi in discesa, l'attivismo borderline di Dell'Utri, il fatto che è ingrassato, infine, che tra qualche settimana compie 74 anni e che Tremonti, come gli ha riferito qualche solerte cortigiano, già da un pezzo lo chiama "il nonnetto".

Oh, che bel castello, marcondirondirondello. Però sempre i luoghi del potere corrispondono a dei simboli. E se pure, oltre alla ricaduta giornalistica che gli procura, c'è da credere che Berlusconi lo apprezzi per l'incanto da scenografia medievale, le armature, i candelabri, i centrotavola di foglie intrecciate, e il roseto, il giardino d'inverno, la sala d'oro con il dovuto lettone, le fontane con i giochi d'acqua, ecco, ben al di là del colpo d'occhio e dell'oleografia il castello è anche una potente metafora di separazione e di inaccessibilità. Per non dire che è il luogo designato di ogni possibile assedio; e per non farsi mancare nulla pure il fulcro, la calamita, la destinazione del più straniante enigma.

"La strada non portava al colle del castello, ma solo nelle vicinanze; poi pareva svoltare intenzionalmente, e se non si allontanava dal castello neppure gli si avvicinava...". Ora, non si può pretendere che Il Cavaliere sia al corrente dell'interpretazione che vuole "Il Castello" di Kafka una sorta di allegoria del degrado democratico, l'emblema di un comando che vive di miraggi, tremori, apparenze formali e sostanziale schiavitù dei sudditi del villaggio.

Per tornare a Tor Certosa, non si sa se il seguente avviso ci sia sempre stato o se qualcuno l'abbia apposto di recente sul limitare della strada che, dalle parti di un campo di golf, si avvicina alla dimora: "Non avvicinarsi - dice - non entrare, area difesa da cani addestrati". Là dove il particolare della muta ringhiosa, ben lungi ormai dall'attitudine tutta berlusconiana per la cortesia, i gazebi, i predellini e i bagni di folla, irredimibilmente piomba il tutto in una dimensione aspra e selvatica, certo regressiva e non a caso tale da manifestarsi tra bastioni e merli dietro cui il grande assediato non ha solo da guardarsi dai paparazzi, ma anche da un numero crescente di nemici.

La "suggestiva location", come la presentano diversi depliant on line, ha ospitato negli ultimi anni i più fastosi ricevimenti della neo aristocrazia della visibilità. Lanciato alle nozze del regista Giulio Base e della regina delle pierre Tiziana Rocca, la moda del castello che piace tanto al Berlusca ha messo il turbo con i ricevimenti ("da centomila euro" si nota ghiottamente nei siti di gossip) di Totti e Ilary e poi di Briatore e della Gregoraci.

Ma poiché sotto il dominio delle rappresentazioni non di rado succede che queste ultime finiscono per assumere il valore di un presagio, sia pure light, converrà segnalare che qui sono state anche girate alcune scene del pregevole film dei Vanzina, "2061. Un anno eccezionale". Vi si narra, per l'appunto, di un'Italia precipitata in un cupo medioevo di stati e staterelli, Sultanato delle Due Sicilie, Repubblica Longobarda, redivivo Stato della Chiesa, una zona al centro in mano agli epigoni del comunismo. Le avventure di ladri, cannibali, acrobati, cortigiane. Sembra ieri, sembra oggi, sembra domani e sempre. Si legge comunque sul "Dizionario dei proverbi" del Lapucci (Le Monnier, 2006): "Castello spesso combattuto, alla fine s'arrende".

(02 agosto 2010)

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