di Bruno Tinti
Ma è possibile che il Pd, quando si parla di giustizia e di cosiddette riforme, non ne imbrocchi una che è una?
Riforma delle intercettazioni: il progetto Mastella (dal nome del ministro piazzato dal Pd – non da B&C – sulla poltrona di via Arenula) riscosse l’applauso di tutti i delinquenti del paese e in particolare di quelli che sedevano in Parlamento.
Processo breve: il copyright di questo balordo salvacondotto ai malfattori più ricchi e sofisticati (un processo per rapina, omicidio o traffico di droga è sempre “breve”, quelli lunghi sono i processi per frode fiscale, corruzione, insider trading, falso in bilancio e così via) appartiene di diritto al Partito democratico che nel 2004 presentò un disegno di legge sulla stessa materia. Sicché oggi dà un po’ fastidio dover riconoscere che il ministro Alfano non ha tutti i torti quando si lamenta di tutte le critiche che piovono sul “suo” processo breve da parte di chi, tutto sommato, ne aveva proposto uno più o meno uguale.
È per questo che qualcuno dovrebbe spiegare al Pd che accanirsi sull’unica norma ragionevole contenuta nel progetto Alfano non è molto intelligente. Dice dunque il Pd che non va bene che la nuova legge si applichi ai processi già in corso, per reati commessi prima del 2 maggio 2006 e puniti con pena inferiore a 10 anni: norma fatta apposta per impedire il processo Mills ed evitare che B. venga ufficialmente dichiarato colpevole di corruzione.
Naturalmente nessuno si sogna di contestare che questo sia l’unico scopo di questa legge, ripescata alla vigilia della dichiarazione di incostituzionalità del ponte tibetano, il legittimo impedimento che sempre lo stesso scopo aveva, impedire che B. venisse dichiarato colpevole etc etc.
Ma il punto è che, se B. non ci fosse (però, come sarebbe bello!), questa norma sarebbe l’unica ragionevole tra quelle che compongono il disegno di legge Alfano. Che senso ha celebrare processi per reati che si prescriveranno con certezza prima che sia possibile arrivare al processo d’appello? E che senso ha celebrarli quando la pena che dovrebbe essere presumibilmente inflitta sarebbe vanificata dall’indulto, provvedimento scellerato approvato da tutti i partiti (al solito non dall’IdV), che grida vendetta ma che, ormai, lì sta e nessuno può eliminarne gli effetti?
Memorandum per ministri
SE LE MOLTE teste competenti di diritto che militano nel Partito democratico venissero consultate prima di stabilire le strategie dell’opposizione in materia di giustizia, sarebbe agevole contestare al ministro Alfano che, sì, è vero, anche il Pds (allora si chiamava così) aveva progettato un processo breve; ma che questo era molto diverso dalla scappatoia pro B. su cui ora la maggioranza ricatta il Paese: fiducia o elezioni.
Si potrebbe ricordare al ministro e ai cittadini (le cose basta spiegarle in maniera chiara) che in quel disegno di legge si imponevano tempi certi per celebrare i processi ma che non si calcolavano le interruzioni del processo dovute alle richieste di rinvio per impedimento dell’imputato o del difensore e nemmeno quelle rese necessarie dalle rogatorie internazionali (durano anni e il giudice italiano non ha nessun modo per sollecitarle), dalla mancata presentazione dei testimoni e dalla necessità di rintracciarli e farli accompagnare in aula. Insomma si potrebbe ricordare che il progetto del Pds sanzionava con la morte del processo (e le conseguenti responsabilità disciplinari) l’inerzia del giudice, la sua incapacità organizzativa, l’eventuale pigrizia; ma che teneva conto delle interruzioni, inevitabili in ogni dibattimento, per assumere le prove necessarie per decidere.
L’accordo scellerato
MA C’È di più. Il Pd potrebbe ricordare che il suo rigoroso progetto fu, all’epoca, snaturato dalla destra, che pretese, per concedere il suo appoggio al disegno di legge, che le interruzioni eventualmente necessarie per l’acquisizione delle prove non fossero incluse tra le cause legittime di sospensione del processo. Per dire, se l’imputato offriva al pubblico ufficiale da lui corrotto un bel soggiorno alle Barbados, così questi si rendeva irreperibile e non si presentava a testimoniare, il tempo necessario per accertare dove quello era finito e per costringerlo a venire in aula non interrompeva i termini per la morte del processo. L’accordo, per la verità scellerato, fu concluso; ma il progetto non ebbe seguito per la caduta del governo.
Tutto questo dimostra alcune cose molto preoccupanti, perfino più del processo morto su cui si giocano le sorti della legislatura:
1) Oggi l’opposizione è così poco efficace nella critica al salvacondotto di B. perché evidentemente ha la coda di paglia;
2) l’aspirazione del Pd a un dialogo costruttivo per riforme condivise viene da lontano;
3) i disastrosi risultati di questo metodo non hanno insegnato niente.
3 commenti:
LA GRANDE COMPETENZA DI BRUNO TINTI E LA SUA CAPACITA' DI RENDERE COMPRENSIBILE ARGOMENTAZIONI GIURIDICHE NON DI FACILE LETTURA FANNO TANTA RABBIA.
CHE RAZZA DI SINISTRA E' QUELLA ODIERNA CHE AFFIDA AD ANDREA ORLANDO (UN SEMPLICE DIPLOMATO - MATURITA' SCIENTIFICA) IL SETTORE GIUSTIZIO?
Le richieste di rinvio sono la causa principale dell'allungamento assurdo dei processi, dovrebbero vietarle o, quantomeno, accettarle solo in casi eccezionali e per sopraggiunte impossibilità comprovate.
Che ora vogliano inserire i tempi dei rinvii nella durata del processo, è vergognoso, è lapalissiano che intendono ammazzare tutti i processi per scagionare tutti i delinquenti in parlamento e tutti gli amichetti di quartiere che li foraggiano in cambio di impunità.
Che rabbia!
Stanno sconvolgendo anche il concetto di giustizia!
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