giovedì 9 settembre 2010

“Vade retro direttorissimo” il nuovo mantra dei finiani


“FAZIOSO, DEVE ANDARE AL POLO NORD”
MA DA MILLS AL TRANI-GATE QUANTI SCONTI

di Beatrice Borromeo

Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini è “fazioso, non pluralista, un problema non più rinviabile e deve finire al Polo nord con Babbo Natale”. Parola dei finiani di ferro, che nel recente risveglio delle coscienze non hanno risparmiato il “direttorissimo”, arma sempre carica nelle mani del presidente del Consiglio. “Ma eravate su Marte gli ultimi 15 anni?” è l’autocritica che, apparsa ieri su Ffweb – il periodico online della fondazione FareFuturo – tenta di spiegare perché i finiani hanno scoperto solo oggi chi è Silvio Berlusconi. E la stessa rigorosa autocritica si presterebbe bene anche all’evoluzione che il presidente della Camera e i suoi fedelissimi hanno avuto a proposito di Minzolini, che martedì sera ha detto che si deve andare al voto dopo la rottura tra i cofondatori del Pdl. Certo, molto è successo da quando nel 1997 Berlusconi contestava all’allora cronista de La Stampa Minzolini di insinuare che con Fini non corresse buon sangue: “Perché scrivi quelle cose? Se c’è una persona di cui mi fido è proprio Fini”.

Ma non bisogna andare così indietro nel tempo per notare il ribaltamento di idee dei finiani. Certo, negli ultimi tempi, da quando l’ex leader di An è il nemico da abbattere per tutti i berlusconiani, le critiche al Tg1 di Minzolini non sono mancate. Mentre prima, fedeli alla linea dettata dal capo, anche quelli che oggi sono i ribelli più scatenati (a cominciare da Italo Bocchino) erano soddisfatti spettatori del telegiornale minzoliniano.

LA SVOLTA AVVIENE il 29 luglio scorso, quando Berlusconi caccia Fini e i suoi dal Pdl, e il deputato finiano Benedetto Della Vedova per la prima volta contesta: “Mi auguro che aver messo le voci di Futuro e libertà tra i gruppi dell’opposizione nei pastoni politici del Tg1 sia stata una maliziosa svista. È chiaro che se dovesse continuare questo trattamento sarebbe inqualificabile e inaccettabile, perché strumentale e infondato”. Passa un mese e il trattamento continua. Il 6 settembre Minzolini invita due osservatori non proprio imparziali, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, per commentare in tempo reale l’intervento di Fini alla festa di Mirabello. “La faziosità di Minzolini non è più tollerabile”, attacca Andrea Ronchi, ministro finiano delle Politiche comunitarie. L’ultimo sgambetto in ordine di tempo è l’edizione di due giorni fa del Tg1, andata in onda contemporaneamente all’intervista che il presidente della Camera ha rilasciato a Enrico Mentana del Tg La7: commento in studio del neo-berlusconiano Ignazio La Russa ed editoriale del direttore perfettamente allineato ai desiderata di Palazzo Chigi. “Il problema di Minzolini al Tg1 è ormai non rinviabile. È impossibile far finta di niente, il Tg1 non tiene conto del pluralismo”, dice ora il super-finiano Italo Bocchino.

Eppure è lo stesso Bocchino che il 20 maggio del 2009 affermava: “Le proteste dell’opposizione sulle nomine Rai sono strumentali e inutili, visto lo spessore professionale di Augusto Minzolini”. Ed è sempre lui, il volto più noto prima della corrente finiana e ora di Futuro e libertà, a preoccuparsi di difendere Minzolini ogni volta che il direttore finisce al centro delle polemiche. A giugno 2009, per esempio, lo difende dalle (timide) critiche del Pd: “L’aggressione dell’onorevole Giorgio Merlo a Minzolini è inopportuna e volgare e non tiene conto della sua storia professionale”.

LA STIMA per il “direttorissimo” è così radicata che Bocchino lo protegge anche in occasione del più contestato degli editoriali, quello contro la manifestazione per la libertà di stampa del 3 ottobre: “Un atto coraggioso, legittimo. S’invoca la libertà di stampa ma la si vuole negare a un direttore che ha il diritto-dovere di dire ai telespettatori come la pensa”. E poco dopo, il 10 novembre: “L’editoriale di Minzolini non deve spaventare nessuno perché oltre a essere coraggioso è politicamente, storicamente e giuridicamente perfetto. Parlare dell’immunità parlamentare – spiega Bocchino – è certamente impopolare, ma è rispettoso della volontà dei Costituenti e risolverebbe gran parte degli scontri tra politica e magistratura”. E proprio con questo editoriale Minzolini aveva attaccato il magistrato antimafia Antonio Ingroia per le sue prese di posizione sulla politica giudiziaria del governo: “Un magistrato che si è dato un compito improprio, quello di ribaltare il corso degli eventi”. Ma ancor più significative, rilette oggi, sono le dichiarazioni di Bocchino del 17 marzo 2010, a proposito dell’inchiesta della Procura di Trani sulle pressioni di Berlusconi su Rai e Agcom. La procura, notava Bocchino, “intercetta Giancarlo Innocenzi e Minzolini non indagati, nel frattempo li convoca senza la presenza dell’avvocato come persone informate sui fatti. È più grave questo o la telefonata di Berlusconi?”. Cioè la telefonata con cui il presidente del Consiglio dettava al Tg1 la linea da seguire sul pentito di mafia Gaspare Spatuzza, colpevole di aver fatto i nomi di Berlusconi stesso e di Marcello Dell’Utri. E nessuna critica si è levata dal fronte finiano nemmeno quando il “direttorissimo” ha dato per assolto il prescritto David Mills, corrotto negli interessi di Berlusconi. Ma oggi gli equilibri politici sono cambiati e, come dopo ogni rottura, gli amori finiscono. Con Minzolini che finisce al Polo nord.

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