sabato 30 ottobre 2010

La lunga battaglia del Secolo per evitare la chiusura


IERI PORTE APERTE IN REDAZIONE.
LA DIRETTRICE PERINA: SE I SOLDI NON ARRIVANO ENTRO MARTEDÌ PORTEREMO I LIBRI IN TRIBUNALE

di Luca Telese

Telecamere, microfoni, un nugolo di giornalisti, proprio in mezzo alla redazione, tutti i redattori de Il Secolo d’Italia seduti e silenziosi nelle loro postazioni. È questa immagine vagamente surreale, di redattori che diventano una notizia invece di scrivere una notizia, il fotogramma che racconta l’ultimo atto della guerra civile in corso dentro al centrodestra.

Ecco il resto dello scenario: il giornale che fu di Alleanza nazionale sull’orlo della chiusura, una riunione fiume dei garanti incaricati di amministrare il patrimonio che dura tre giorni. Il particolare grottesco di un notaio che aspetta in una stanza adiacente, come un infermiere del pronto soccorso, di poter medicare il ferito (ovvero di emettere l’atto che consentirebbe al giornale di salvarsi) ma che invece non riesce ad intervenire.

In ballo ci sono 300 mila euro, quelli che dovrebbero essere erogati subito perché le casse sono completamente vuote e non c’è più nemmeno un euro per pagare gli stipendi. E poi c’è una seconda tranche di 600 mila euro che dovrebbe rimpinguare il capitale sociale in attesa che arrivi il finanziamento pubblico, già previsto dai fondi della Presidenza del Consiglio. Flavia Perina, la direttora de Il Secolo se ne sta in mezzo alle scrivanie circondata da giornalisti che la tempestano di domande, come un capitano coraggioso conradiano sul ponte di una nave in tempesta. A un certo punto allarga le braccia e dice: “Se questi soldi non arrivano, martedì prossimo saremo costretti a portare i libri contabili in tribunale, il che vuol dire rischiare il fallimento”. Le risponde in serata uno degli amministratori, Roberto Petri: “Non è vero nulla, sta drammatizzando senza motivo”.

Certo. Se il giornale chiude nessuno vuole lasciare le impronte. E l'altro paradosso è che il quotidiano non ha mai venduto come ora: da circa mille copie a quasi tremila, decine di articoli ripresi dagli altri giornali. Certo, è anche una guerra di nervi, un continuo braccio di ferro mediatico. Ieri mattina Il Secolo si è presentato in edicola con una copertina nera e un titolo di battaglia: “Ci vogliono cancellare”.

Sia la direttrice, sia il condirettore, Luciano Lanna, sanno benissimo che ciò che può spostare gli equilibri a loro favore, è il senso di appartenenza di tanti militanti dell’ex An, che vedrebbero come un paradosso il fatto che la fondazione che oggi gestisce i soldi del partito costringesse il quotidiano alla chiusura non erogando questo finanziamento. Allo stesso modo, la linea difensiva di Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri, i due dirigenti più importanti dell’ala che è rimasta nel Pdl con Berlusconi: non è che non si vogliano dare i soldi al giornale, ma che c’è stato un “errore materiale” nella compilazione del verbale dell’assemblea di gestione. La risposta della Perina è caustica: “Ma quale errore materiale? Quel testo per ora nemmeno c’è, perché non è stato ancora scritto!”. Insieme a lei e a Lanna, in redazione ieri c’erano anche il viceministro Adolfo Urso e il deputato Antonio Bonfiglio, che coordina le truppe di Futuro e libertà nel Lazio: è il segnale che per i finiani la sopravvivenza del giornale è questione di vita o di morte. A giudicare dal tenore delle mail e dei messaggi che arrivano in redazione, il grido di allarme è andato a segno: “Non sono d’accordo con la vostra linea – scrive un lettore – ma riterrei folle che il giornale cessasse le pubblicazioni” . Il nodo, ovviamente, è la linea , che finora è stata filo finiana e critica con Berlusconi. Ma anche su questo la Perina ha disinnescato l’atto di accusa: “Ho già detto che se vogliono, sono disponibile ad accettare la nomina di un vicedirettore di loro fiducia”. Forse è per questo che nel pomeriggio di ieri le dichiarazioni di Gasparri e La Russa sembravano più concilianti. “È giusto dare soldi al Secolo – diceva il capogruppo alla Camera – anche se è di parte”. Aggiungeva il ministro della Difesa: “ Hanno fatto bene a salvarlo, anche se sta diventando un house organ”.

Tranquillizzanti persino se non fosse che i soldi non ci sono ancora. Ma anche la direttrice ha qualche munizione da sparare: “Si sono dati i soldi della Fondazione ai giovani del Pdl per finanziare le loro iniziative – spiega la Perina – e perfino al partito di Berlusconi per finanziare la compagna elettorale. Possibile che li lesinino a noi?”. Solo dopo questo weekend sapremo se i soldi arriveranno davvero, "entro martedì" come assicura Petri. O se il giornale – dopo essere sopravvissuto alle bombe degli anni di piombo e all'assassino del suo fattorino, Angelo Mancia – è destinato a chiudere stritolato dal Caimano.

Nessun commento: