
di Maurizio Zipponi*
La manifestazione di Roma della Fiom del 16 ottobre ha segnato sia il sindacato che la politica. Da quel giorno, infatti, è iniziata la fase di contatto tra la costruzione politica di un’alternativa a Berlusconi e la protesta sociale di chi ha subìto le conseguenze della drammatica gestione della crisi economica.
Ha ragione Paolo Flores d’Arcais che sul Fatto Quotidiano ha posto la questione, affermando che qualsiasi azione sindacale necessita di una proiezione politica e che i contenuti di quella manifestazione indicano la concreta strada dell’alternativa.
Per l’Italia dei Valori la manifestazione è stata anche la conferma di un’identità che fonda le proprie radici nella “giustizia e legalità”, nel “modello di sviluppo alternativo” e nella “connessione tra il lavoro e la libertà”. Questi trepilastri hanno bisogno di un’elaborazione intellettuale, di un dialogo con la migliore pratica sindacale e di un insediamento diretto in tutti i luoghi di lavoro, dai call center alle fabbriche alle partite Iva. Allo stesso tempo è necessario valorizzare la piccola e media impresa che sta reggendo nel marasma della crisi in cui poche lobby industrial-finanziarie si stanno appropriando delle poche risorse a disposizione.
L’Italia dei Valori è strutturata a rete sia nei luoghi di lavoro, sia sulla piazza virtuale. La presenza di Antonio Di Pietro nella pacifica e determinata manifestazione della Fiom, non annuncia nessun collateralismo tra sindacato e partiti. Quella è un’altra storia che non si ripeterà. È, invece, l’incontro tra due pratiche autonome, tra chi, fa opposizione al governo tenendo dritta la schiena sul filo della legalità e chi si oppone a una società in cui il lavoro non ha più la dignità prevista dalla Costituzione. L’obiettivo comune è cacciare il governo e costruire l’alternativa. Vinceremo l’astensionismo se l’alternativa sarà credibile, dichiarando sin da oggi “con chi e per fare cosa”, scegliendo poi il leader. “Sul chi” le mie idee sono chiare. L’Italia dei Valori, Pd e Sel possono dare al Paese un governo determinato, sereno, in grado di sviluppare i migliori punti dell’innovazione partendo dalla ricerca, dalla scuola e dall’università.
Un punto va chiarito quanto prima a coloro che erano in piazza il 16: occorre una legge che consegni ai lavoratori la libertà di decidere con un referendum sugli accordi firmati dai sindacalisti, visto che questi vengono estesi a tutti i lavoratori iscritti o non iscritti ai sindacati. L’Italia è unita e indivisibile tanto quanto la democrazia sta dentro e fuori i cancelli della fabbrica. In questi giorni arriverà a tutte le strutture sindacali italiane la nostra proposta per “un piano nazionale del lavoro” in cui si ricostruisce il sistema del welfare partendo dalle nuove generazioni che oggi hanno davanti solo precarietà. Mentre con un governo serio si possono creare le occasioni di lavoro e di libera scelta basate sul merito, sulla professionalità e sull’impegno. L’opposto di oggi.
Serve riconoscere con onestà intellettuale che la famosa flex security in Italia si è trasformata in flex e basta. Abbiamo alle spalle sindacati divisi, accordi separati favoriti dal governo, lavoratori in solitudine che compiono gesti disperati, piccole e medie aziende allo sbando private del credito necessario per sopravvivere e soffocate dalla burocrazia.
La frammentazione è la parola che ha caratterizzato l’azione del governo e per questo la chiave che deve distinguere la nostre proposte non può che essere quella “dell’unità” del mondo del lavoro.
Abbiamo alle spalle molte macerie, come se una guerra avesse incrinato gli assi fondamentali delle strutture economiche e democratiche del Paese. Per questi motivi occorre un leader in grado di rimettere la locomotiva della legalità e della giustizia sul binario giusto, in cui prevale l’impresa che lavora “pulito” rispetto a quella che paga il pizzo, quella che garantisce i diritti dei lavoratori, rispetto a quella che compete riducendo i salari e il peggioramento delle condizioni di lavoro. Insomma, serve una rivoluzione liberale per poter creare un nuovo compromesso tra il capitale e il lavoro.
*Responsabile Lavoro Italia dei Valori

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