

Picchiato al ristorante, indagato a Milano
di Gianni Barbacetto
“Non mi ha difeso nessuno!”, ha commentato Emilio Fede, sconsolato, dopo aver incassato quattro pugni da Gian Germano Giuliani, quello dell’Amaro medicinale, martedì sera al ristorante
Fede Emilio, già icona dell’Italia berlusconizzata, è ora diventato l’uomo simbolo dell’Italia del bunga-bunga. È indagato a Milano per il caso Ruby, ipotesi d’accusa favoreggiamento della prostituzione: secondo i pm Ilda Boccassini e Antonio Sangermano, insieme a Lele Mora è il fornitore di ragazze della Real Casa di Arcore. Secondo alcuni dei variopinti (e contraddittori) racconti di Ruby Rubacuori, fu proprio Emilio a scoprirla, a un concorso di bellezza in Calabria in cui era presidente della giuria, e a invitarla al Nord, nella Milano delle veline e della tv.
Sciupone l’Africano
PER QUESTO i pugni di Giuliani gli hanno fatto ancor più male: ribadirebbero un poco simpatico ruolo di mezzano che Fede smentisce con assoluta fierezza, fino a indicare l’aggressore come il suo Tartaglia (ricordate il giovane in cura psichiatrica che tirò a Silvio Berlusconi un’appuntita miniatura del Duomo?). Ormai i suoi tg sono pezzi di grande cabaret. Eppure era un giornalista, Emilio Fede, un tempo. Cronista Rai, per otto anni inviato speciale in Africa, ha raccontato per la tv pubblica la decolonizzazione del continente e le prime guerre civili. La sua Africa terminò bruscamente: a causa di una malattia e di un brutto contenzioso sulle spese di viaggio. Quel cattivone di Oliviero Beha gli attacca addosso il titolo di “Sciupone l’Africano”. Niente di male: nel 1981 riesce ugualmente a diventare direttore del Tg1, dopo aver lavorato al mitico settimanale d’approfondimento Tv7. Da direttore, entra nella storia della televisione raccontando minuto per minuto, in diretta, la tragedia di Alfredino, il bambino caduto in un pozzo a Vermicino. Ma anche dal Tg1 dovrà andarsene piuttosto bruscamente, a causa del suo coinvolgimento nella storia delle bische clandestine, insieme a un ancora sconosciuto Flavio Briatore. I due la racconteranno come una ragazzata da “Amici miei”, o al massimo un vizietto di amanti del gioco d’azzardo. In realtà, erano dentro un business ben oliato, una truffa scientificamente organizzata, un copione degno della “Stangata”. Recitato per anni da un gruppo di malavitosi di rango, eredi del boss Francis Turatello. C’erano le carte truccate e (già allora) ragazze molto disponibili, usate per attirare e distrarre quelli che molto gentilmente erano chiamati “clienti”, ma erano in verità polli da spennare. Seguì retata, arresti, processi. Per Fede, un’assoluzione (per insufficienza di prove).
A quei tempi, il coinvolgimento nello scandalo fu sufficiente a chiudergli i cancelli della Rai in faccia.
L’approdo da Berlusconi
RIPARÒ a Rete A, il canale di Alberto Peruzzo, dove mise in piedi il telegiornale. Poi arrivò la chiamata: Silvio lo porta al Palazzo dei Cigni, a Segrate. Nel 1989 diventa direttore di Video News, poi di Studio Aperto. È il primo ad annunciare in diretta, su Canale 5, l’inizio della Guerra del Golfo, il 17 gennaio 1991. Il primo anche a dar conto della cattura dei due piloti italiani Gianmarco Bellini e Maurizio Cocciolone. Poi passa a dirigere il Tg4 e dal 1992 racconta a suo modo l’Italia a milioni di casalinghe e pensionati.
Nel 1994 proclama in video la vittoria di Forza Italia con un’enfasi tale che gli vale l’inserimento imperituro nel film “Aprile” di Nanni Moretti. Non sempre gli è andata così bene: nel


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