L'inchiesta in corso su Finmeccanica dimostra che le cose sono cambiate ben poco dai tempi della prima Repubblica e casomai sono peggiorate. E' stato cancellato quel tanto che c'era di buono, come la centralità del Parlamento, senza modificare quel che c'era di marcio, la corruzione. Abbiamo buttato il bambino e ci siamo tenuti l'acqua sporca.
Non so cosa accerteranno le indagini in corso, ma da quel che sta emergendo direi che non c'è niente di nuovo sotto il sole: fondi neri accumulati grazie a sovrafatturazioni e falsi in bilancio e poi adoperati per corrompere manager e politici disinvolti. I fondi neri vengono dirottati off shore, così le manovre sporche possono essere nascoste facilmente e in Italia tutto sembra limpidissimo.
Il presidente del Consiglio ha definito “suicida” cercare di far luce sui comportamenti delle “forze produttive” e ha accusato i magistrati che indagano di danneggiare l'economia. Ancora, niente di nuovo: è una litania che abbiamo già sentito, anche questa volta il caimano dimostra di non sapere nemmeno dove stanno di casa il senso dello Stato e quello delle istituzioni. Per lui gli interessi nazionali si difendono sempre con lo stesso metodo: l'impunità dei potenti a partire da lui stesso.
La verità è opposta. L'interesse nazionale lo si difende chiedendo che la verità sia accertata senza guardare in faccia a nessuno, tanto più che si tratta di un'azienda di Stato e quelle eventuali malversazioni sono un danno enorme per i cittadini tutti e per la credibilità del Paese.
Perché sia fatta chiarezza e perché le indagini possano arrivare sino in fondo è necessario che i vertici di Finmeccanica si dimettano immediatamente, e questo avrebbe dovuto chiedere Berlusconi.
Lorenzo Cola, il consulente esterno che era vicinissimo al presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guaraglini e che, in carcere da luglio, sta collaborando con la giustizia, ha raccontato ai PM che il perno del sistema di sovraffatturazioni, costituzione di fondi neri, corruzione e distribuzione di appalti miliardari era la società Selex, di cui è amministratore delegato Marina Grossi, moglie di Guaraglini, oggi indagata. Era
Cola racconta anche che Marina Grossi era “assistita” molto assiduamente nel suo operato da Lorenzo Borgogni, capo delle relazioni esterne di Finmeccanica e braccio destro di Guaraglini, tanto da essere comunemente definito il suo “alter ego”.
Saranno gli inquirenti a stabilire se il presidente Guaraglini sia o no coinvolto direttamente nella vicenda, ma certo la sua presenza ai vertici di Finmeccanica non può che rendere più torbide le acque e più difficili le indagini. Per questo deve dimettersi subito, e con lui deve andarsene di corsa un presidente del consiglio che, invece di indignarsi per la corruzione che infesta un'importantissima azienda di Stato,si indigna perché i magistrati cercano di combatterla.
lunedì 29 novembre 2010
Tra corruzione e fondi neri, su Finmeccanica si torna alla prima Repubblica
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