AMEDEO
Il terzo polo userà la maschera di ossigeno sulla bocca di Berlusconi pur di non fare morire il suo governo. Condizionarlo dall’esterno, far mostra di responsabilità nazionale, prendere tempo per rafforzarsi agli occhi dell’opinione pubblica, innanzitutto quella moderata e che normalmente vota centrodestra. Una strategia del carciofo che serve ad evitare le urne in primavera e dimostrare che se qualcosa di buono il Cavaliere sta facendo è tutto merito loro. Intanto a sinistra Bersani faccia bene i conti con Vendola e l’«impresentabile» e non coalizzabile Di Pietro: e poi si vedrà quale alleanza per battere Berlusconi e Bossi. L’unica veramente competitiva è Patto della Nazione-Pd «depurata» da dipietristi e vendoliani.
Logorare il Cavaliere e rafforzarsi, insomma, è l’obiettivo di Fini, Casini e Rutelli. Bossi ha compreso la pericolosità di questa linea delle mani libere e vuole accelerare verso le elezioni. Non è risolutiva la nascita di un nuovo gruppo che ruota attorno all’ex finiano Silvano Moffa, ai Popolari di Saverio Romano, all’Alleanza di centro di Francesco Pionati e Noi Sud (la riunione dei deputati che hanno votato la fiducia al governo è prevista domani). Non incide sulla stabilità perché non aggiunge alcunché ai 314 voti ottenuti da Berlusconi. Sarebbero in arrivo altri 8 deputati dalle fila di Fli, come ha annunciato dal premier a Bruxelles nei giorni scorsi. Ma per il momento non ce n’è traccia. E per Bossi è una previsione del tutto aleatoria. Quindi meglio cogliere l’occasione propizia di una sinistra che litiga, di un Pd incerto sulle alleanze e andare all’incasso dei consensi. Senza stare lì a raccattare singoli parlamentari e trattare con l’Udc. Berlusconi invece vuole provarci fino all’ultimo secondo utile. «Poi se non si potrà governare - avverte il capogruppo Cicchitto - allora si andrà a votare».
Una mano ieri a Berlusconi gliel’ha data il presidente del Senato Schifani, complice il clima natalizio. «Il Paese ha bisogno di governabilità, le elezioni sono sicuramente un momento estremo, a cui ricorre quando la politica, e il governo in particolar modo, non è in grado di esprimere l’attuazione del programma». Per Schifani il 2010 è stato un anno «denso di avvenimenti tragici e di tensioni, anche nel mondo della politica. Il miglior modo di concluderlo è quello di trovare momenti di concordia e di sintesi». Su questa scia si sono messi Casini e Rutelli. «Basta litigi e basta risse», afferma il primo. «Vorrei un presidente del Consiglio - aggiunge il leader dell’Udc - che non cercasse scorciatoie, ma guardasse in faccia la realtà, che si rapportasse a noi come Obama ha fatto con i repubblicani. Loro hanno risposto “presente”, noi risponderemo “presente”"». Ancora più esplicito Francesco Rutelli, dell’Api, che in nome delle «riforme serie» si dice pronto addirittura a farle anche con Berlusconi. Niente poltrone, comunque. «Bossi stia tranquillo: i posti se li può tenere tutti per lui. Berlusconi li dia tutti a lui», provoca Casini. Il metodo Obama prospettato da Casini trova d’accordo il coordinatore Pdl e ministro Bondi («un passo avanti rispetto alla sfiducia»). Ma lo attende alla prova dei fatti, a cominciare dall’approvazione della riforma Gelmini.
Bossi non crede alla sponda del terzo polo, non vuole tirare a campare. Berlusconi gli chiede di pazientare fino a gennaio. Tanto Bersani non risolverà tanto facilmente i suoi problemi. «Il Pd - gira il coltello nella piaga Osvaldo Napoli, vicecapogruppo del Pdl - è ridotto come l’asino in mezzo ai suoni: guarda alla sua sinistra ma poi fa rotta a destra. Strizza l’occhio a Casini e Fini, ma rassicura Vendola e Di Pietro che lavora a una maggioranza larga».
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