martedì 28 dicembre 2010

FIAT L’ULTIMA SPALLATA




A Mirafiori Marchionne stravolge la vita degli operai
Sulle regole sfida alla Confindustria e alla Costituzione

di Stefano Feltri

Per lo stabilimento campano di Pomigliano d’Arco il futuro comincia oggi, per Mirafiori chissà. A Roma i sindacati e l’azienda iniziano a discutere le assunzioni della newco, la nuova azienda che, con nuove regole da gennaio rileverà i dipendenti che oggi lavorano in fabbrica. Tutti? Forse. Per Mirafiori siamo un passo indietro.

Da ieri si possono consultare le 78 pagine dell’accordo firmato dal Lingotto e dai sindacati, esclusa la Fiom-Cgil, che hanno accettato lo scambio: un miliardo di investimenti per produrre Jeep e Alfa a Torino in cambio di flessibilità e, come la chiama l’amministratore delegato Sergio Marchionne, “governabilità degli stabilimenti”. L’accordo, infatti, non è omogeneo. E bisogna distinguere le novità in base alle conseguenze, cioè gli effetti sulla vita (in fabbrica e fuori) degli operai e quelli sul sistema delle relazioni industriali, cioè sui rapporti tra impresa, sindacato, associazione imprenditoriale e governo. I primi sono molto concreti e misurabili, i secondi ancora incerti ma quasi certamente dirompenti.

NON SOLO TURNI. “Non siamo di fronte a una nuova organizzazione di turni, ma a un menu di turnistica a disposizione dell’azienda. Un operaio non sa se il mese successivo dovrà lavorare con 12 o 18 turni. non ti puoi più organizzare la vita”, dice Federico Bellono, segretario della Fiom torinese. Nella newco Fiat-Chrysler, cioè l’entità aziendale che si farà carico di Mirafiori (ora semplicemente di Fiat Auto), si può lavorare su 15 turni, cioè con tre turni da otto ore su cinque giorni, oppure con 18 turni su sei giorni, sabato incluso, con un complesso sistema di riposi a slittamento che dovrebbe permettere di alternare settimane di quattro giorni e settimane di sei. Poi ci sono gli straordinari che l’azienda può richiedere, che passano da 40 ore all’anno a 120, cioè 10 ore al mese in media. Cosa si farà, in questi turni, non è ben chiaro, visto che non c’è garanzia di essere ri-assunti con le stesse mansioni, “e l’azienda non ha scritto in alcun punto, come usa di solito in questi casi, che si impegna ad assumere tutti gli attuali dipendenti di Mirafiori”, nota Bellono. Le pause, questo invece è nero su bianco, passano da 40 minuti a 30, divise in blocchi da dieci. Non sono le uniche evoluzioni concrete: la Fiat vuole ridurre l’assenteismo dal 6 al 4 per cento, per farlo non pagherà più i primi tre giorni di malattia ma soltanto uno o due, a seconda della percentuale raggiunta.

SCIOPERO O NO? Il punto più delicato, però, è la cosiddetta “clausola di responsabilità”, cioè l’impegno che i nuovi assunti si prendono a rispettare l’accordo. Nel testo si legge che “le clausole sono correlate e inscindibili tra loro”, cioè si deve prendere il pacchetto completo , e che le violazioni di tutto o parte dell’articolato “liberano l’azienda dagli obblighi derivanti dal presente accordo” e anche da quelli in materia sindacale, cioè permessi per i delegati e trattenuta in busta paga dei contributi per i sindacati. Qui la dimensione individuale e quella collettiva dell’accordo si saldano.

“Oggi le proteste nascono per lo più dal basso, per il troppo carico sulla linea, per la velocità eccessiva, per la mancanza di rimpiazzi, gli operai si fermano e poi il sindacato si fa carico della protesta”, spiega Bellono. Il problema è che nella nuova Fiat-Chrysler la rappresentanza è riservata alle sigle che hanno firmato l’accordo: Fim (Cisl), Uilm (Uil), Fismic. Niente Fiom, che non avrà rappresentanti in nessuno degli organismi che devono applicare l’accordo, come la commissione che vigila sull’assenteismo. E non potrà neppure partecipare alle elezioni dei rappresentanti. Un operaio tesserato della Fiom non può votare un delegato della Fiom, che diventa una sigla fantasma. E se il diritto di sciopero è un diritto individuale che si esercita in forma collettiva, come si fa a esercitarlo se una parte di lavoratori si muove senza rappresentanti e quindi non si può organizzare? “Prevedo che i giudici avranno da lavorare”, commenta Carlo Dell’Aringa, professore alla Cattolica e grande esperto di Diritto del lavoro, già presidente dell’Aran (controparte dei sindacati nell’amministrazione pubblica). La Costituzione, all’articolo 40, recita: “Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano”. E la legge (146 del 1990) lo limita per i servizi pubblici essenziali, non certo per le imprese metalmeccaniche. Ma si è visto a Melfi che Marchionne non ha esitato un attimo a licenziare tre dipendenti (poi reintegrati dal tribunale) accusati di aver protestato bloccando la produzione.

RIVOLUZIONE. Passa da qui, dalla “governabilità” degli stabilimenti la vera scossa che parte da Marchionne e travolge un sistema di relazioni industriali che dura da 17 anni. Dell’Aringa delinea due scenari: “Una volta approvato l’accordo di Mirafiori con il referendum, i sindacati esclusa la Fiom devono discutere con Federmeccanica il contratto per il settore auto. Se si trova un compromesso che soddisfa Marchionne, la Fiat rientra in Confindustria applicando un contratto diverso da quello dei metalmeccanici. Altrimenti Marchionne rimane da solo e si scrive da solo le sue

A sinistra, l’ingresso di Mirafiori. Sotto, Cesare Damiano. A destra, l’accordo di

Marchionne visto da Marilena Nardi e sotto, il segretario Pd Pier Luigi Bersani

regole, aprendo la strada a ogni multinazionale che per fare investimenti in Italia potrà così chiedere di avere un suo proprio contratto”. Stare fuori da Confindustria significa applicare soltanto lo statuto dei lavoratori, cioè la legge, invece dell’accordo interconfederale del 1993. Al posto delle Rsu ci sono le Rsa, con soltanto i sindacati firmatari, niente contratti nazionali, tutto si decide in azienda, non c’è più la mediazione dell’associazione imprenditoriale, ognuno per sé, la legge per tutti.

“In Germania sono migliaia le imprese che, non potendo competere rispettando le leggi federali si chiamano fuori e applicano altri standard. Lo ha fatto 10 anni da la Volkswagen che, combinando maggiore produttività e investimenti con salari più bassi, è tornata a crescere e ora i suoi dipendenti sono molto flessibili ma ben pagati”, dice Dell’Aringa. Però in Germania i sindacati siedono nei consigli di sorveglianza, da dove vigilano l’operato dei consigli di amministrazione, spesso partecipano agli utili nel modello renano di cogestione. In Italia, invece, la rivoluzione Marchionne si limita a far lavorare per più tempo e in modo più intenso. I soldi arriveranno, perché gli straordinari rendono bene, ma le contropartite sono notevoli. E non ancora tutte evidenti.

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