Fermato dai carabinieri, morto in ospedale
di Giancarlo Castelli
Per la morte di Giuseppe Uva, ora, è rimasto un solo imputato. A rispondere dell’improvviso decesso dell’artigiano varesino di 43 anni, avvenuto il 14 giugno 2008 dopo un fermo dei carabinieri, sarà soltanto uno dei due medici, Carlo Fraticelli, psichiatra, indagato dalla procura di Varese per avere somministrato un farmaco ansiolitico ad un uomo, fermato in stato di ubriachezza. L’altro medico, Matteo Catenazzi, chiamato in caserma dai carabinieri perché Giuseppe Uva “dava in escandescenze” e poi indagato anch’egli per la somministrazione di medicinali incompatibili con uno stato etilico, è stato prosciolto in udienza preliminare il 1 dicembre scorso dal gup Cristina Marzagalli. “Perché la firma del medico che ha prescritto quei farmaci, dice la procura, non è la sua”, spiega l’avvocato Fabio Anselmo, difensore della famiglia Uva. Solo un imputato, quindi, per un’iniezione inopportuna.
IL CORPO esanime di Giuseppe, però, “raccontava” di segni di percosse. Uva era stato arrestato dai militari alle 3 di notte, mentre con un amico, Alberto Biggiogero, complice qualche bicchiere di troppo, aveva deciso di chiudere una strada con alcune transenne. Inseguimento e arresto per quella che sembrava soltanto una bravata. Quello che accadde quella notte nella caserma di via Dandolo non è mai stato oggetto d’indagine. Eppure Biggiogero raccontò di aver sentito, dalla stanza di fronte, le urla dell’amico durante l’interrogatorio. Le grida gli erano sembrate quelle di chi subisce un pestaggio e per questo telefonò “di soppiatto” al 118 col suo cellulare per chiamare un’ambulanza.
Quella stessa telefonata ascoltata in tanti telegiornali e che è stata riproposta lunedì scorso nella trasmissione di RaiTre “Lucarelli racconta” di Carlo Lucarelli. Ma questo elemento non è stato ritenuto oggetto d’indagine dai pm Agostino Abate e Sara Arduini. E neanche quello che videro i familiari sul corpo esanime del fratello. “Aveva segni di trauma sul naso – ha sempre affermato la sorella Lucia, disperata per l’ultima decisione dei giudici – al posto degli slip aveva un pannolino sporco di sangue. Sangue anche sul fianco. Gli infermieri mi dissero che l’avevano dovuto lavare. Lavare da cosa? Mio fratello era uscito di casa pulito come sempre. Lavato dal sangue? Chi aveva fatto quelle cose a mio fratello?”.
Erano evidenti anche ecchimosi sul collo sinistro, sulla parete dorsale: ad affermarlo sarebbe stato il comandante del posto fisso di polizia all’ospedale Circolo dove Giuseppe era stato portato e dove poi è morto. Spariti gli slip, mai riconsegnati alla famiglia. “Non è stato interrogato nessun carabiniere, si sono accontentati delle relazioni di servizio”, commenta laconico l’avvocato Anselmo.
“Qualcuno mi può spiegare, per favore, perché
2 commenti:
quando avremo anche in Italia una legge sulla tortura (nonostante si fosse impegnata già vent'anni fa a promuoverne una)? e perchè chi abusa del potere non viene sospeso dal servizio, soprattutto se più è alta la sua carica?
SEMPLICE: PERCHE' IN ITALIA C'E' UNA DEMOCRAZIA STENTA, QUASI INESISTENTE, ECCO PERCHE!
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