giovedì 16 dicembre 2010

I perdenti temono il cappio


LUCIA ANNUNZIATA

Non avevamo ancora visto una forza politica nascere all’insegna del caustico realismo di Benjamin Franklin. All’irritabile padre co-fondatore degli Stati Uniti è attribuito l’ironico invito rivolto, nel fatale anno rivoluzionario del 1776, ai suoi indecisi compagni d’azione: «If we do not hang together, we shall most assuredly hang separately». («Se non restiamo uniti, verosimilmente ci impiccheranno uno per uno»).

Altamente inusuale, dunque, ma davvero significativo, che proprio questa frase sia stata scelta ieri dal professor Buttiglione, per battezzare il Terzo Polo. Il tanto atteso e già numerose volte annunciato partito dei moderati nasce infatti su un terreno fertilizzato in ugual misura da frustrazione, paura e baldanza.

Il timore è quello di «essere impiccati uno a uno», appunto - ma la baldanza è quella di rispondere alla paura lanciando il cuore oltre l’ostacolo.

Guardando ieri la prima uscita pubblica di questa nuova area politica, quel tavolo intorno a cui erano riuniti volti e storie singolarmente lontane - da Adornato a Linda Lanzillotta, dalla Sbarbato a Fini e Casini passando per Paolo Guzzanti e Giorgio La Malfa, uomini e donne di sigle provvisorie e dimenticabili, Fli, Udc, Api, Mpa - non si poteva che mettere in conto fin da ora le future scissioni, o ricordare tutti i fallimenti che molti di quegli uomini e donne hanno già sperimentato nelle loro vite politiche. Quello riunito intorno al tavolo che simboleggiava ieri la unione dei moderati, era una sorta di piccolo gregge con l’aria ancora smarrita di chi è appena arrivato da tutt’altra direzione. Ma se pecorelle erano, avevano però il sorriso di chi ha scelto la soluzione più impervia e meno scontata: quella di farsi - davanti al lupo - leoni.

Il che ci porta, con un salto laterale, ma non illogico, alla sostanza delle cose. L’eterogenesi dei fini è una delle maggiori forze al lavoro nella politica; e la nascita del Terzo Polo ne è stata ieri la ulteriore prova. Una unione dei moderati, pensata, vagheggiata, vezzeggiata da mesi (se non da anni) ma considerata tutto sommato impossibile proprio per la diversità dei profili, delle storie, e degli elettorati, è nata alla fine nel giro di poche ore. Infiammata in ugual misura dalla paura di sparire e dalla frustrazione della sconfitta. In altre parole: tigna, rabbia, orgoglio, e stizza causate dalla bruciante sconfitta della sfiducia in Parlamento hanno potuto quello che mesi di convegni, contatti, progetti e pratiche politichesi varie non erano riuscite a realizzare. In questo consiste l’eterogenesi dei fini.

La fiducia incassata da Berlusconi potrebbe infatti accelerare oggi processi che finora erano sembrati impossibili o irrealistici. E il terzo polo potrebbe in effetti essere solo l’inizio di questa accelerazione, imprimendo un effetto domino all’intero arco della politica fuori dalle mura berlusconiane.

La neonata forza terzista fornisce intanto un approdo realistico ai tanti gruppi sparsi di moderati in cerca d’autore che da anni attraversano, per obbligo bipolare, il purgatorio di ideologie non affini. Non è dunque impossibile ipotizzare che abbastanza presto potrebbe arricchirsi di volti o di alleanze.

Al di là dell’area di Montezemolo - con cui il Terzo Polo nella forma attuale tesse un colloquio da tempo - l’effetto maggiore della aggregazione di ieri potrebbe essere avvertito soprattutto fra i cattolici del Pd che da anni lamentano una mancanza di identità. Questi cattolici del Pd non sono un unico blocco, per cui è impossibile per ora azzardarne un calcolo. Divisi essi stessi in varie sottoculture cattoliche, sono tuttavia da tempo alla ricerca di una via per affrancarsi da un Pd tornato molto ex Ds con Bersani. Ma i moderati del terzo Polo sono un alleato naturale anche per i Modem di Veltroni, e, persino, potrebbero costituire una sponda dialogante per lo stesso Vendola la cui identità politica ha caratteri religiosi ed emozionali lontani dalla cultura ex comunista.

La esistenza stessa di questa area politica potrebbe, insomma, introdurre nuove geometrie nella opposizione, e generare diverse identità. Ed è proprio in questo moltiplicarsi di percorsi la novità. Chiarimenti interni alle varie aree di voto, da tanto tempo necessari e sempre rimandati, potrebbero ora avvenire sotto la spinta della paura di sparire, o della voglia di contare. Insomma, la vittoria di Silvio Berlusconi due giorni fa in Parlamento invece di sbaragliare gli avversari potrebbe rivelarsi alla fine l’elemento che rivitalizza un panorama asfittico, timido, calcolatore, e dipendente, quale quello della nostra politica fin qui.

P.S. Giusto per informazione del terzo Polo, a futuro uso: a Benjamin Franklin si attribuisce anche la frase: «Traditore è il termine che usano i vincitori per impiccare i perdenti».

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