di CARMELO LOPAPA
L'irritazione del premier Berlusconi per la campagna acquisti già congelata alla Camera, per colpa di "procuratori" troppo solerti e sovraesposti, è almeno pari al sollievo che gli procurano nel pomeriggio le ultime uscite concilianti di Pier Ferdinando Casini.
"Adesso Pier ragiona, vedrete che non avremo bisogno di forzare e di trascinare il Paese alle urne" confida ai più stretti collaboratori dopo aver ascoltato in tv le parole del leader terzopolista. Sentire ieri Casini evocare il modello americano e il concorso dall'opposizione alle scelte del Paese è musica per il Cavaliere, alle prese in queste ore col pressing leghista e la voglia matta di Umberto Bossi di passare alla svelta all'incasso elettorale. Il fatto è che tra il presidente del Consiglio e il numero uno dell'Udc è in atto un sottile gioco del cerino, l'uno e l'altro pronti a tutto pur di scaricare sull'avversario la responsabilità di una crisi e della conseguente chiusura anticipata della legislatura. L'incendiario rischierà di pagare il conto alle urne. Ecco perché Berlusconi, come spiegava nel week end ad un ministro, è pronto a staccare la spina solo dopo uno stop plateale in Parlamento, "solo quando sarà chiaro che saranno i terzopolisti e la sinistra che mi impediscono di governare".
Proverà ad andare avanti, intanto. Anche tramite l'"operazione scialuppa" che partirà domani: prima riunione dei 22 deputati del gruppo misto che hanno votato la fiducia all'esecutivo e che si apprestano a dar vita intanto a un coordinamento, ma presto anche al "gruppo di responsabilità". Manovra da condurre in porto subito per soccorrere il governo nelle cinque commissioni in cui il centrodestra si trova dal 14 dicembre in minoranza e le quattro in cui è in pareggio. La prima mossa sarà la richiesta alla Presidenza della Camera di una presenza dei deputati della nuova formazione laddove non sono rappresentati. Quanto all'iniziativa tenga il premier è confermato dallo sponsor d'eccezione che sovrintende da giorni alle operazioni: il Guardasigilli Angelino Alfano, in stretto contatto con il fondatore del Pid Saverio Romano. Dentro, con i cinque ex Udc, i sette di NoiSud, i quattro ex Fli (Moffa, Polidori, Siliquini e Catone), i tre "responsabili" Scilipoti, Cesario e Calearo, quindi Nucara, Pionati e Grassano. A Montecitorio il gruppo c'è. Al Senato, salvo "prestiti", è fermo a quota nove. Il pressing lì è tanto insistente quanto sterile sulla democratica Baio Dossi.
Il fatto è che la campagna acquisti si è subito arenata anche alla Camera. Berlusconi l'ha presa malissimo. Appena giovedì notte a Bruxelles dichiarava di averne personalmente "recuperati altri otto", alludendo a finiani e centristi pronti all'esodo dopo la sconfitta. Degli otto arrivi non vi è più traccia e il Cavaliere attribuisce la colpa a chi, da Pionati ad altri, si sarebbe mosso senza la dovuta accortezza nei contatti. Il gruppone intanto nascerà, sotto la guida, con molta probabilità, dello stesso Romano - se per lui il mini-rimpasto di fine gennaio non aprirà le porte di un ministero - o di Silvano Moffa. "Lavoriamo guardando anche all'opposizione - racconta il presidente della commissione Lavoro - per un gruppo in grado di garantire le riforme". Con un handicap di immagine, però: il rischio di presentarsi col pessimo brand di partenza del gruppo dei "comprati". Romano, che dei "responsabili" si definisce "l'ostetrico", nega: "Non siamo stati comprati da nessuno e siamo qui per sostenere il governo, salvare il Paese in crisi dal voto e trasformarci in polo attrattivo. Sarà più facile per gli insofferenti finiani e centristi avere un dialogo con un interlocutore strutturato". A breve il nuovo gruppo sarà interlocutore di Berlusconi quando si discuterà di nuovi ingressi al governo. Siliquini, Polidori e Pionati già in pole da sottosegretari. Nucara e Calearo in corsa per qualcosa di più.
(20 dicembre 2010)
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