Le rivelazioni di Wikileaks hanno scosso il mondo, e continueranno a farlo. Gli stati del globo hanno fatto quadrato, stracciandosi le vesti e rivendicando il diritto alla segretezza. Come se la trasparenza non fosse un dovere, almeno per le sedicenti democrazie, che invece adottano sistematicamente un doppio standard basato sulla sottile distinzione fra «legalità» e «legittimità».
La distinzione, in Italia, ha sostenitori che arrivano fino alle più alte cariche dello Stato, dai Ministri dell’Interno ai Presidenti della Repubblica.
E non è certo un caso che molti di coloro che hanno ricoperto la prima carica, siano poi arrivati a ricoprire la seconda: da Segni e Cossiga, a Scalfaro e Napolitano.
Lo stesso Cossiga mi ha spiegato una volta la distinzione fra i due concetti, in questi termini: «La legittimità è ciò che attiene alla natura degli interessi costitutivi dello Stato, mentre la legalità riguarda soprattutto i metodi per realizzare i fini dello Stato. Non esiste servizio segreto che non sia illegale, ma l’illegalità del servizio è giustificata dalla concordanza dei suoi fini con la legittimità».
E’ chiaro che, da queste premesse, non possono che derivare comportamenti duplici delle istituzioni, che sistematicamente dicono in pubblico ciò che la legge e la decenza richiedono loro di dire, ma fanno poi in privato ciò che la prassi e gli interessi consigliano loro di fare.
Solo i governi rivoluzionari possono sognare di scardinare i fondamenti di questa doppia morale, salvo poi rientrare nei ranghi non appena possibile. Ad esempio, quando Trotsky divenne ministro degli Esteri del primo governo bolscevico, dichiarò che avrebbe divulgato i termini dei trattati segreti firmati dal governo zarista, e avrebbe chiuso il ministero in poche settimane. Ma niente di questo successe, ovviamente.
Wikileaks oppone alla realpolitik della doppiezza un’ideologia della trasparenza che, almeno per quanto riguarda il portavoce Julian Assange, affonda le sue radici nel pensiero scientifico in generale, e matematico in particolare. L’uomo più ricercato del mondo, accusato di «terrorismo» per aver confermato coi fatti che la verità è rivoluzionaria, ha infatti un passato di studente di matematica e fisica all’Università di Melbourne, dal 2003 al 2006.
E nel suo blog di qualche anno fa, intitolato IQ come acronimo di Interesting Questions, questo passato affiora in molti post. Ad esempio, quello del 12 luglio 2006 testimonia che Assange partecipò al convegno dell’Istituto Australiano di Fisica, e che l’anno prima rappresentò la sua università alla Competizione Nazionale Australiana di Fisica. Altri post affrontano invece problematiche di filosofia o sociologia della matematica, dall’uso dei numeri immaginari, all’influsso del pensiero maschile nello sviluppo della disciplina.
Il post più interessante è però forse quello del 29 agosto 2007, intitolato «Irrazionalità nelle discussioni», che nota: «Potete provare che da A segue B, da B segue C, … , da H segue I, da I segue L, e accorgervi che
Il post continua cosí: «Spesso ci tocca sentirci ribattere che, se crediamo X, allora ne segue una certa cosa. Oppure che, se crediamo X, questo porta a un’altra cosa. Ma tutto ciò non ha niente a che fare con la verità di X, e dimostra che le conseguenze sono trattate con più reverenza della Verità». In altre parole, invece di preoccuparsi di quale sia
La conclusione del post sembra una dichiarazione preventiva di intenti per ciò che Assange avrebbe incominciato a fare di lí a poco: «Proprio quando ci sembra che ogni speranza sia persa, accade un miracolo. La gente dimostra di voler vedere dove punta l’ago della bussola, di aver fame di Verità. Ed ecco
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