Lucia Annunziata: “86 mila euro di spese in 14 mesi? Ignora il servizio pubblico, si scusi con i telespettatori”
di Carlo Tecce
Guai a lasciare l’Italia e dimenticare le beghe Rai. Lucia Annunziata atterra all’aeroporto di Roma e legge e rilegge le note spese di Augusto Minzolini. Un crescendo rossiniano: 86 mila euro in 14 mesi, 45 viaggi non motivati e via scartabellando la relazione di viale Mazzini. La conduttrice di In Mezz’ora trattiene una risata di sconforto: “A sua insaputa Minzolini mi ha dato una notizia e mi ha sorpreso.
Cifre che fanno il solletico al Minzolini spendaccione.
Ci sono direttori e “direttorissimi”.
Vuol dire che a Minzolini, che spende 86 mila euro in 14 mesi, i vertici hanno riservato un trattamento speciale. Lui ha sfruttato la situazione e commesso un grave errore: esagerare con i soldi pubblici. Minzolini viene da un editore privato, ai giornalisti capita di spendere e di chiedere dei rimborsi. Ora lui deve comprendere che lavora per un editore pubblico e i soldi sono dei cittadini italiani: la differenza è simbolica e sostanziale, bisogna saper convivere con un’etica maggiore. Minzolini non ha capito dove si trova.
Una sanzione può aiutare a capire?
A Minzolini sfuggono le regole del servizio pubblico, pecca di ignoranza e, prima che finisca l’indagine interna di viale Mazzini, dovrebbe scusarsi con
Passione per la navigazione e le multinazionali del settore: anche la pubblicità occulta danneggia i conti e la credibilità Rai?
Peggio, è inconcepibile con la deontologia di un giornalista. È molto facile confondere i servizi di un telegiornale o di un programma con la promozione di un marchio. A me da presidente mi invitavano in Australia o in Cina, mi proponevano viaggi con la famiglia, mete esotiche e lussuose. Questi sono inviti da evitare perché ti obbligano a essere grato e a ripagare la falsa generosità con la vetrina televisiva. Una buona regola è rifiutare le proposte esterne, non accettare rapporti con aziende. Non conta se ti fai ospitare o paga
Domani l’azienda culturale più grande d’Italia ferma tutto per protestare contro i tagli di Masi. E nel frattempo Minzolini spende. Un bel controsenso?
Uno dei tanti che si ripetono. Uno sciopero generale nelle televisioni è raro, nel servizio pubblico ancora di più. Questa reazione cerca di tradurre in mobilitazione un pessimismo generale che avverto da mesi: dal portiere al funzionari, dai precari ai dirigenti. Tutti sentono l’assenza di un’azienda alle spalle. Come fa il direttore generale a scrivere un piano industriale senza un piano editoriale?
Solo tagli, nessun investimento.
A Masi la crescita e il futuro di questa azienda interessano poco. Eppure
Le previsioni dicono 650 milioni di euro nel 2012. Inizia l’agonia?
Non verranno confermati i contratti dei precari, verranno vendute strutture e pensionati tanti colleghi. Ma è ancora più grave assistere a un’agonia intellettuale e culturale della Rai. Masi blocca tutto. Non solo i contratti di Vieni via con me che riempiono i giornali, anche giustamente, ma pure le piccole e medie trasmissioni. La sensazione è strana.
Chi frena è colui che guida.
Esatto. Mi sembra che per Masi le vere esigenze dell’azienda siano un particolare irrilevante. Che il futuro delle reti sia un fastidio. Continuare così porta al tramonto di un servizio pubblico che un tempo aveva un ruolo e ora soltanto guai e polemiche. E nessuna speranza.
Nessun commento:
Posta un commento