di EZIO MAURO
ABBIAMO evidentemente superato il livello di guardia se il Papa e il capo dello Stato devono intervenire con un richiamo alla correttezza morale e civile dei comportamenti pubblici. Non siamo davanti a prese di posizione di tipo politico (che per il Pontefice sarebbero improprie) ma ad un preciso gesto di allarme per la gravità dell'ultimo scandalo di Silvio Berlusconi.
Qui siamo oltre le divisioni tra destra e sinistra e le distinzioni tra laici e cattolici. Si tratta di preservare quella base di "moralità comune", come dicono gli uomini di Chiesa, o di "religione civile", come dicono i servitori dello Stato che è alla base dell'agire pubblico. Un nucleo di valori condivisi di decoro e rispetto per se stessi e per gli altri, dunque per la comunità nazionale e per le istituzioni che la guidano e hanno la responsabilità di rappresentarla.
E' la mancanza assoluta di questo senso di responsabilità la vera rivelazione dello scandalo berlusconiano: un leader che ha la dismisura come regola di vita, pubblica e privata, nel disequilibrio di mezzi e di poteri, nell'abuso permanente delle persone e delle regole, con una proiezione di sé e una visione del mondo che non trovano spazio in Occidente.
La grande banalizzazione, la menzogna organizzata, la complicità degli intellettuali cercano di impedire all'opinione pubblica di conoscere, di capire e di reagire. Ma quando il degrado tocca il vertice del governo, ridicolizza l'immagine dell'Italia nel mondo, paralizza la politica in una difesa furiosa che minaccia altri poteri dello Stato, è la stessa democrazia che è colpita.
Stupisce che nel Pdl non ci sia un soprassalto di dignità, come se tutti fossero dipendenti Mediaset. Non stupisce, ma colpisce ancora una volta il silenzio di un establishment pavido e gregario, incapace di autonomia e di responsabilità nazionale. Eppure, basterebbe dire a Berlusconi di andarsi a difendere davanti ai magistrati, facendo valere le sue ragioni e rispondendo delle accuse: perché la legge è uguale per tutti, e il potere pubblico è fatto anche di doveri e non solo di privilegi e di abusi.
(22 gennaio 2011)
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