venerdì 7 gennaio 2011

La mano tesa dell’Udc salva il ministro Bondi


AMEDEO LA MATTINA

Tanto relax sulle spiagge delle Maldive, ma Casini non dimentica la politica. E come può dimenticarla proprio in questo frangente? La prossima settimana riprendono a pieno ritmo le danze parlamentari; gennaio è il crinale su cui si gioca il governo e la legislatura. Allora Pierferdi, che già nell’atollo indiano si è fatto due chiacchiere con il presidente del Senato Schifani, ha tenuto i contatti con Roma. Soprattutto con Gianni Letta che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti considera l’artefice di un «patto romano» ai suoi danni. Un paio di telefonate nei giorni scorsi che non sono serviti a stabilire la road map dell’ingresso dell’Udc nella maggioranza e nell’esecutivo. I centristi infatti non pensano a questo perché solo un passaggio elettorale può far cambiare la collocazione del partito all’opposizione. Altra cosa invece è una sorta di appoggio esterno, morbido e chirurgico nel senso che il voto dell’Udc verrà stabilito di volta in volta, responsabilmente, con una chiavetta di sicurezza anti-elezioni. Tuttavia le mine sul campo del dialogo sono tante e la prima si chiama Sandro Bondi.

Martedì 11 gennaio si riuniscono alla Camera i capigruppi. Dovranno decidere il calendario dei lavori parlamentari e il primo appuntamento per testare la tenuta della maggioranza e dei rapporti con l’Udc (e anche con Fli) è proprio la mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv contro il ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi dopo il crollo della Domus dei Gladiatori. La notizia è che l’Udc non la voterà. Un segnale, una mano tesa, un cambio di rotta dato che in un primo momento i centristi avevano detto che l’avrebbero votato. Contrordine compagni, anzi amici: l’Udc non aggiungerà i suoi voti a quelli dell’altra opposizione, ma potrebbe mettere in discussione l’unità del Terzo Polo. Cosa faranno Fli, Api e Mpa? Con molta probabilità concorderanno una posizione comune, anche perchè Fini ha già dei bei problemini a far passare in Futuro e Libertà la posizione più oltranzista su questa come su le altre questioni politiche.

Si profila insomma l’astensione dell’Udc (e anche gli altri seguiranno): una novità che Casini ha comunicato direttamente a Gianni Letta in una delle telefonate intercontinentali nei giorni scorsi. E Berlusconi ne è al corrente. Forse anche Umberto Bossi che ieri ha detto di essere sicuro che la mozione di sfiducia a Bondi non passerà. «Secondo me potremmo anche farcela. La cosa è un po’ vergognosa: se Pompei non sta in piedi Bondi cosa c’entra?». Per Bossi, «non ha molto senso quella mozione: crolla Pompei e diventa colpa di Bondi, ma se Bondi non ha i soldi?».

Ma non solo di questo Casini e Letta hanno parlato. Intanto ci sono gli acquisti del Cavaliere. Chi ne farà le spese? Se il premier continua a mettere le mani dentro l’Udc il dialogo potrebbe saltare. Allora meglio sfilare qualcosa all’Idv, all’Mpa, magari rosicchiare qualcosa al Pd. Sono 4-5 i deputati sicuri nella manica di Berlusconi. Comunque sufficienti, per il momento, per avere una vera maggioranza alla Camera sopra quota 316 (erano 314 i deputati che hanno votato la fiducia al governo a dicembre). Berlusconi potrà dire di essere autosufficiente e magari andare avanti a colpi di voti di fiducia. Giochi da equilibrista che non piacciono a Tremonti e nemmeno a Bossi, che adesso ha come unico orizzonte l’approvazione del federalismo fiscale. Poi si vedrà. Ma per il premier, che punta comunque a numeri più grossi (325-330), sempre di autosufficienza si tratta. E a quel punto Casini dovrà sempre più piegarsi a un’opposizione di Sua Maestà.

Il gioco sembra facile, ma la politica (soprattutto italiana)riserva sempre tante sorprese e la strategia del premier, che punta sempre e comunque a spezzare le reni a Fini e a dividerlo da Casini, potrebbe scivolare sulla classica buccia di banana. Anche perché qualcosa di concreto in cambio dovrà darla all’Udc. I centristi hanno chiesto il quoziente familiare, ma sanno bene che non potranno mai averlo visto che costa una decina di miliardi. Allora si acconciano a chiedere un "miniquoziente familiare". Si tratterebbe in sostanza di modificare l’ultimo decreto attuativo del federalismo fiscale che concede ai Comuni la riscossione delle tasse. Ecco, Casini vorrebbe che i Comuni fossero vincolati a destinare una parte di queste tasse in aiuti alle famiglie. Letta è d’accordo. Berlusconi nicchia. La parola a Bossi.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Chi non arriva alla quarta settimana del mese non può non apprezzare. recita il proverbio: "chi nasce tondo non può morire quadrato!".