La Consulta stanga il legittimo impedimento “È il giudice a decidere sugli impegni del premier”
di Antonella Mascali
Berlusconi Silvio si deve rassegnare. Almeno per la Corte costituzionale è un imputato come gli altri, anche se presidente del Consiglio. Ieri a stragrande maggioranza la Consulta ha bocciato il cuore della legge, quella che aveva trasformato il giudice a un passacarte di Palazzo Chigi, costringendolo a ricevere, senza fiatare, un certificato della Presidenza del Consiglio e a sospendere un processo anche per 6 mesi consecutivi. Invece ieri la Consulta, accogliendo le tesi principali dei giudici dei processi a carico del Cavaliere a Milano (Mills, Mediaset e Mediatrade) ha deciso che la legge firmata dal presidente Giorgio Napolitano il 7 aprile 2010 è incostituzionale nella sua essenza secondo l’articolo 3 (sull’uguaglianza) e secondo il 138 (sulle norme di rango costituzionale). Ovvero non ci può essere il legittimo impedimento continuativo e automatico, ma il giudice deve decidere caso per caso. Vuol dire che può tornare a valutare (come prevede il codice) se l’impegno sia legittimo e assoluto. Quindi se, in concomitanza con un’udienza, sia impossibile rinviarlo.
LA CONSEGUENZA è che riprenderanno i processi per Berlusconi non appena la sentenza, con le motivazioni, sarà trasmessa ai giudici competenti. Verosimilmente tra un mese, un mese e mezzo. E se il giudice dovesse ritenere che un impegno istituzionale, o un’attività “preparatoria”, “coessenziale ” o “consequenziale” sia una richiesta di legittimo impedimento pretestuosa, per far saltare l’udienza, può respingerla.
La sentenza di ieri è una conferma delle indiscrezioni degli ultimi giorni, ma con una sorpresa di rilievo. Non c’è stata la netta spaccatura che sembrava profilarsi. Il verdetto sarebbe stato emesso con 11 Sì e 4 No. A votare contro sarebbero stati Luigi Mazzella, Paolo Maria Napolitano (entrambi a cena con Berlusconi prima della sentenza sul lodo Alfano) , Giuseppe Frigo (in quota Pdl) e Alfonso Quaranta, il giudice stimato dal centrodestra che stava soffiando a dicembre la presidenza a Ugo De Siervo (indicato dal centrosinistra ) a cui spettava per prassi, essendo il giudice più anziano di Corte. Dunque rispetto al 7 ottobre 2009, quando 6 giudici votarono contro la bocciatura del lodo Alfano, due di loro questa volta avrebbero cambiato idea. Sarebbero Alfio Finocchiaro (proveniente dalla Cassazione) e Maria Rita Saulle (nominata da Ciampi). Naturalmente sono indiscrezioni che non possono avere conferma perché il voto della Corte viene espresso nel segreto della Camera di consiglio. È il giudice più giovane di Corte (in questo caso Giorgio Lattanzi) a trascriverlo su un foglio che viene chiamato “camicia”.
Il primo punto di svolta che ha portato alla decisione di ieri, c’è stato con l’intervento del giudice-relatore Sabino Cassese in udienza pubblica, martedì scorso. Ha chiesto ai fautori dello scudo (la difesa Berlusconi e l’avvocato dello Stato) quale libertà di manovra avessero i giudici con la norma “ad premier e ministri”. La risposta è stata inequivocabile: nessuna. Infatti sia Niccolò Ghedini che Michele Di Pace hanno sostenuto che il giudice poteva accertare la veridicità del certificato di Palazzo Chigi, ma non poteva sindacare sulla natura del legittimo impedimento. Le risposte alle inappuntabili, quanto inaspettate, domande di Cassese, hanno rafforzato la posizione dei membri della Consulta che volevano la bocciatura delle legge. Ma ieri mattina, quando sono cominciati i cosiddetti “giri di tavolo”, cioè gli interventi dei singoli giudici, c'è stato un lungo botta e risposta tra chi voleva una bocciatura più “soft” per cercare di evitare gli strali di Berlusconi (con sollievo del Quirinale) e chi (in maggioranza) non voleva soppesare alcuna conseguenza politica della sentenza perché la Corte costituzionale non può essere “tirata per i capelli”, come si è cercato di fare sia con il lodo Alfano che con il legittimo impedimento ad hoc. Alla fine ha vinto sì una mediazione, ma al rialzo: nella forma è in parte bocciatura e in parte interpretazione, ma nei fatti è una bocciatura sostanziale.
DECIDENDO in questo modo la Corte ha voluto ribadire che è necessario coniugare le esigenze della giurisdizione di celebrare un processo con quelle del diritto alla difesa e a governare. Come già aveva stabilito nel 2001 ai tempi in cui Previti era imputato a Milano. Insomma, ci deve essere leale collaborazione fra le parti coinvolte. Alla luce della sentenza di ieri non serve uno sforzo di fantasia per ipotizzare che cosa succederà al Tribunale di Milano. Uno stillicidio di interventi della difesa Berlusconi che si appiglierà a qualsiasi attività, pre-impegno istituzionale e post impegno istituzionale. Essendogli rimasto in mano uno scudo svuotato è anche possibile che di fronte a un eventuale legittimo impedimento negato, Ghedini e Longo solleveranno per conto di Palazzo Chigi un conflitto di attribuzioni di poteri dello Stato. Con la Consulta costretta nuovamente a pronunciarsi. Sarebbe quasi solo per dispetto. B. sa che comunque, grazie soprattutto a una delle sue leggi ad personam (la ex Cirielli) godrà certamente della prescrizione per i processi Mills e Mediaset.
4 commenti:
Però che bravi giuristi questi quattro che hanno votato contro, senza il minimo imbarazzo: povera Italia!
Il dado è tratto!!!
Però che soddisfazione sapere che questi quattro miserabili, perchè sono miserabili, hanno avuto undici colleghi contro.
Ciò che ora vorrei è vedere B. in tribunale per le stragi del '93 e chissà, con l'aiuto della provvidenza che provvede ... anche qualche imputazione per l'anno prima... Magariiii
SI PENSO DI SI', IL DADO E' TRATTO. SAI, ANZI SAPETE CHE QUANDO UNA PALLINA DI NEVE INIZIA A ROTOLARE ARRIVA A VALLE CHE E' UNA VALANGA CHE SPAZZA VIA TUTTO! SAREBBE ORA, NON NE POSSIAMO PIU', CRIBBIO!
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