sabato 15 gennaio 2011

Si scaldi Previti a bordocampo


di Marco Travaglio

In attesa di conoscere le prove schiaccianti che la pur prudente “nuova” Procura di Milano ha scovato sui bunga-bunga del presidente del Consiglio dei ministri, tanto da chiedere di processarlo subito con rito immediato, il pensiero corre solidale all’on. avv. Niccolò Ghedini.

Il pover’uomo era appena uscito dalle forche caudine della Corte costituzionale, era addirittura riuscito a far credere al suo illustre assistito che la stroncatura del legittimo impedimento è un mezzo trionfo per la difesa, e proprio mentre pregustava qualche ora di meritato riposo del guerriero, ecco capitargli tra capo e collo una nuova tegola di dimensioni inaudite: pare che il suo instancabile cliente, già noto per corruzioni, falsi in bilancio, appropriazioni indebite, finanziamenti illeciti, minacce a organi dello Stato nonché per indagini di mafia, riciclaggio e strage, abbia recentemente aggiunto alla sua invidiabile collezione un paio di delitti che ancora gli mancavano: concussione e prostituzione minorile. Per lui, come dice Luttazzi, il Codice penale è un catalogo di opzioni.

Onore al procuratore Edmondo Bruti Liberati che, grazie al lavoro di Ilda Boccassini, Pietro Forno e alcuni sostituti, ha cambiato idea sulla “regolarità” inizialmente certificata su quanto avvenne la notte del 27 maggio 2010, quella della telefonata in Questura del premier che spacciava la giovane Ruby per la nipote di Mubarak e induceva i funzionari ad affidarla alla sua igienista dentale e consigliera regionale Nicole Minetti, giurando che questa se ne sarebbe presa cura, mentre invece l’abbandonò nelle grinfie di un’amica prostituta (di qui l’accusa di concussione).

La pm minorile Annamaria Fiorillo giurava che quella notte furono commessi dei reati, e aveva ragione. Disonore dunque al Csm che ha rifiutato di tutelarla dalle bugie compiacenti del ministro dell’Interno Maroni.

Ghedini s’è subito messo all’opera con le consuete dichiarazioni-autogol. Stavolta non ha detto che B. “alla peggio sarebbe l’utilizzatore finale” di Ruby, anche perché proprio questa è l’accusa. E non ha nemmeno ripetuto che B. non sapeva della minore età della ragazza: avendo chiesto alla Questura di affidarla alla Minetti, è ovvio che sapesse che aveva meno di 18 anni, visto che l’affido è previsto per i minorenni, non per i maggiorenni.

No, questa volta Ghedini ha tuonato contro la “violazione della privacy del premier”. Dal che si può facilmente intuire che nemmeno lui può giurare che B. non abbia fatto le cose di cui è accusato: ritiene solo che attengano alla privacy del suo illustre cliente.

Una vaccata clamorosa: chiunque abbia una figlia può ben capire che non c’è privacy che tenga per chi è accusato di aver abusato di minorenni, per giunta a pagamento. In attesa che il ministro Calderoli riproponga la castrazione chimica o manuale a colpi di cesoie, cresce la curiosità sulle prossime mosse del duo Ghedini-Alfano. Un lodo “Chiù Pilu Per Tutti”, che abbassi la minore età da 18 a 16 anni, potrebbe essere un’idea. O, in alternativa, richiamare in servizio Previti, non a caso avvistato l’altroieri in visita a Palazzo Grazioli. Vista l’urgenza dovuta al giudizio immediato, le immaginabili condizioni di Ghedini (segnalato in preda alle convulsioni in un reparto rianimazione) e le bocciature a trenino dei lodi Schifani, Alfano e Al Nano, una nuova legge per abolire i processi parrebbe azzardata.

Non resta dunque che tornare all’antica ricetta previtiana: comprarsi i giudici (“a Rena’, te stai a dimentica’ a bbusta”, “damoje ‘na borzata de sordi”). È vero che Cesarone nostro, dopo anni di inattività forzata, è un po’ fuori allenamento. Ma potrebbe iniziare a scaldarsi a bordocampo, fuori dal tribunale, provando a corrompere qualche passante. Se non avrà perso completamente la mano, passerà agli uscieri, poi ai cancellieri, infine ai magistrati. Alla peggio, dovessero beccarlo di nuovo, si dice che è il cugino di Mubarak.

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