PAOLO PASSARINI
Due mondi incomunicabili, che, non potendo incontrarsi, non si sono neppure scontrati, rimanendo lontanissimi. Silvio Berlusconi con il furore di chi si sente perseguitato e vorrebbe spaccare tutto; Giorgio Napolitano, sempre più preoccupato, a raccomandargli di controllarsi per non scatenare una grave crisi istituzionale e utilizzare a propria difesa tutti i canali giudiziari disponibili. E’ andato più o meno così, secondo le versioni che se ne raccolgono al Quirinale, l’incontro di ieri pomeriggio tra il premier e il capo dello Stato. E nulla sembra essere cambiato.
Si racconta che Berlusconi ha sfoderato tutto il suo repertorio di recriminazioni contro le persecuzioni della magistratura da quando decise di «entrare in politica»: prima mai un’incriminazione, una condanna, adesso processi su processi, gli portano via i soldi, lo perquisiscono, lo intercettano, lo denigrano con accuse infondate e costruite. Tutto questo è antidemocratico e lui ha ribadito l’intenzione di portare avanti il progetto di riforma che modificherà radicalmente l’ordinamento giudiziario. Poichè l’esordio del premier aveva assunto anche il tono di quello che è stato definito «uno sfogo personale», Napolitano lo ha pregato di calmarsi e di non esagerare, per il bene delle istituzioni e anche per il suo.
E poi gli ha ripetuto quanto aveva già anticipato in mattinata durante un incontro con il comitato di presidenza del Csm, andato ad esprimergli la sua «inquietudine e preoccupazione per l’aspro conflitto istituzionale in atto». E cioè che «nella Costituzione e nella legge possono trovarsi i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità e le garanzie del giusto processo». Gliel’ha detto, ovviamente, in forma più diretta, facendogli notare che, proprio perchè è così convinto di essere una vittima innocente, nel sistema ci sono tutti i mezzi necessari per difendersi e per contestare accuse infondate, oltre a perquisizioni e intercettazioni indebite.
«Adisca tutti i gradi, fino in fondo, fino alla Corte Costituzionale, se necessario. Non si troverà disarmato». «Non c’è nessun bisogno di andare a Berlino», gli poi ha detto, non riuscendo a trattenere il fastidio per l’annuncio di qualche giorno fa. Poi, per quanto riguarda il disegno di Berlusconi di rivoluzionare il sistema giudiziario, Napolitano gli ha consigliato prudenza. Partendo con questo spirito vendicativo, finirà necessariamente per sbattere contro un muro. E i suoi propositi di riforma radicale - gli ha fatto notare piuttosto bruscamente - faranno la fine, peraltro meritata, del decreto sulle intercettazioni.
Ma ai consigli dispensatigli, alle «inquietudini istituzionali» espressegli dal capo dello Stato Berlusconi sostanzialmente non ha risposto, pur promettendo di «tenerne conto». Aveva chiesto lui l’incontro, tanto che, dopo averlo annunciato intempestivamente, aveva dovuto scusarsi con il Quirinale, pur non essendoci una questione di cui volesse veramente discutere: voleva evidentemente fare solo un annuncio, dichiarare ufficialmente di essersi messo sul sentiero di guerra, e basta. Di conseguenza i gravi interrogativi che Napolitano si sta ponendo sul rischio di una grave crisi istituzionale non hanno trovato alcuna risposta.
Peggio, ne hanno trovata una negativa: se non interverrà qualche fatto nuovo, se nessuno riuscirà a convincere Berlusconi a cambiare strada - ha dedotto Napolitano dall’incontro - c’è davvero il rischio che si determini un pericoloso braccio di ferro istituzionale che non ha precedenti nella storia repubblicana e che neppure
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