mercoledì 16 febbraio 2011

Sul conflitto di attribuzione pesano gli equilibri in Consulta


FRANCESCO GRIGNETTI

E ora tocca alla Corte costituzionale. Scontata la contromossa della difesa di Berlusconi: sollevare un conflitto davanti alla Consulta perché il gip di Milano non ha tenuto conto del parere della Camera, laddove si segnalava che il caso doveva finire davanti al Tribunale dei ministri. Questione ingarbugliata, ma riassumibile in poche parole. Piuttosto che andare davanti alla corte designata il prossimo 6 aprile, il premier vuole spedire Longo & Ghedini alla Corte costituzionale e con ciò prendere 6-8 mesi di tempo. Non è affatto scontato che il tribunale sospenda il dibattimento, ma la possibilità c’è. Ed è questa la speranza di palazzo Grazioli. Di qui una serie di voci che si colgono in ambito Pdl. Dice ad esempio Franco Frattini: «E’ un’opzione di cui si era parlato, ma la valutazione spetta agli avvocati del premier». Oppure Angelino Alfano: «E’ un tema che tiene all’autonomia, alla sovranità e all’indipendenza del Parlamento». Conferma Gaetano Pecorella: «E’ quella la strada».

A sollevare il conflitto, dunque, potrebbe essere il
Consiglio dei ministri in una prossima riunione. Per Berlusconi sarebbe la via più veloce e indolore. Ma c’è anche una seconda ipotesi, di maggior peso politico e mediatico: che a sollevare il conflitto sia la Camera. In questo secondo caso spetterebbe all’onorevole Berlusconi sollecitare una decisione che dovrebbe in prima istanza passare per l’Ufficio di presidenza di Montecitorio e poi all’Aula. E qui però s'intravedono guai, perché attualmente nell’Ufficio di presidenza la coalizione di governo è in minoranza. Terza opzione, che siano i legali del premier a sollevare il caso alla prima udienza utile.

In ogni caso è alla Corte costituzionale che il Pdl guarda con tanta speranza. Dice così
Renato Brunetta: «La Corte costituzionale metterà un freno alle aberrazioni cui stiamo assistendo». C’è un piccolo cruciale particolare, però, che i giuristi del Pdl hanno sottolineato nel delineare le strategie difensive: tra due mesi andrà via dalla Corte l’attuale presidente, Ugo De Siervo, area di centrosinistra, e alla Corte resteranno in 14 giudici. Il prossimo presidente (il cui voto vale doppio in caso di parità) potrebbe essere il giudice Alfonso Quaranta, proveniente dai ranghi della Corte di Cassazione, considerato di area moderata. E i rapporti di forza alla Suprema corte potrebbero essere molto diversi da quelli attuali.