domenica 20 marzo 2011

Omnia sozza sozzis


MARCO TRAVAGLIO

Augusto Minzolini sta poco bene. Solo chi l’ha conosciuto vent’anni fa quando sfrecciava per i palazzi romani in motorino, sbucava da dietro le porte, s’inguattava sotto i tavoli travestito da fioriera sempre a caccia di indiscrezioni, pettegolezzi, retroscena, a volte persino di qualche notizia (tipo il patto “della crostata” D’Alema-Berlusconi a casa Letta), può comprendere la gravità della sindrome che l’ha colpito. Un tempo cercava le notizie, ora le nasconde (ultime imprese: il linciaggio di Saviano e la sordina ai fischi contro B.). Fatte le debite proporzioni, è come se l’ispettore Derrick scippasse una vecchietta, o se Berlusconi mandasse indietro una minorenne.

La nomina a direttore del Tg1, macchina con autista e carta di credito incorporati, gli è stata fatale. Non bastandogli il magro stipendio di 550 mila euro l’anno a spese dei contribuenti, ha iniziato a usare la carta di credito aziendale a destra e manca, fino a un ragguardevole totale di 86 mila euro in 15 mesi, di cui 68 mila non giustificati secondo il suo stesso protettore Mauro Masi. Spesso l’ubiquo direttorissimo risultava nel suo ufficio a Roma, mentre la carta, ormai dotata di vita propria, strisciava allegramente fra Marrakech e Dubai. Ora è inquisito dalla Corte dei conti e anche la Procura di Roma indaga. L’ha rivelato ieri il Fatto, ma alla Rai lo sanno tutti, visto che da due settimane la Guardia di finanza entra ed esce da viale Mazzini 14 chiedendo di lui. Anziché prendersela eventualmente con i pm, magari indagando sul colore dei loro calzini, Minzolingua se l’è presa col Fatto, mandando in onda un servizio ai confini della realtà firmato da tali Oliva e Prignano. I due han rivelato allo scelto pubblico del Tg1 il vero movente del nostro penultimo scoop: cioè l’indagine sull’assalto a Telecom Argentina. Il Tg1 spiega che l’abbiamo rivelata per “presentare Bernabè come difensore dell’azienda contro chi vuole portarle via Telecom Argentina”, così “il manager si ritrova sulla poltrona di presidente esecutivo”. Ma non basta: il Fatto mette pure in prima pagina la notizia che il neodirettore generale Telecom, Luciani, inviso a Bernabè, è indagato per un giro di sim false. “Telecom – notano i due minzosegugi – è un pallino fisso del Fatto, che nell’ultimo mese ha ospitato sei pubblicità a tutta pagina dell’ex monopolista telefonico”.

Capita l’allusione?
Il Fatto rivela l’indagine su Telecom Argentina e mette in prima pagina l’inchiesta su Luciani in cambio di 6 pagine pubblicitarie di Telecom. L’idea che un giornale dia notizie vere, possibilmente prima degli altri, semplicemente perché questo è il compito dei giornali, non sfiora neppure i minzoboys: se uno dà una notizia vera, dev’esserci sotto qualcosa. Magari del vil denaro. Questa gente è talmente abituata a fare così, da pensare che tutti facciano così. “Omnia munda mundis”, dice spesso Massimo Fini, “e omnia sozza sozzis”. Ma con noi il Tg1 casca male. Il Fatto è l’unico giornale d’Italia che, per aver osato avanzare qualche dubbio su un prodotto finanziario dell’Enel, è stato avvertito dall’Enel che non avrebbe più avuto pubblicità dell’Enel. Non perché siamo dei campioni di eroismo: semplicemente perché pensiamo che i giornali debbano contenere innanzitutto notizie: e, se qualcuno pensa di barattarle con la pubblicità, può tenersi la pubblicità. Cose che capitano nei giornali che hanno sempre più lettori, a differenza del Tg1 che ha sempre meno telespettatori.

Ieri Minzolingua se l’è presa pure col consigliere Rai Rizzo Nervo, reo di aver chiesto al vertice aziendale di fare qualcosa sullo scandalo delle note spese, attivando le procedure disciplinari previste in casi come questo. “Tutte le iniziative di Rizzo Nervo – ha replicato il direttorissimo –sono frutto della sua incommensurabile faziosità”. Ma qui di fazioso ci sono solo 68 mila euro in cerca d’autore. Ora Minzo minaccia: “A tanta faziosità è necessario rispondere con un’iniziativa altrettanto clamorosa”. Tipo, per esempio, restituire il maltolto?

Il Fatto Quotidiano, 19 marzo 2011

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