L'Italia che oggi arriva al suo 150° compleanno, e lo celebra in Parlamento e nelle piazze, è un Paese su molti aspetti diviso. Dalla storia, e dalla geografia. Sulla memoria storica, e sugli interessi territoriali. Ma è un grande Paese, che può essere orgoglioso del contributo di bellezza, sapere, lavoro che con i suoi artisti, scienziati, emigranti ha dato all'umanità. Il Paese degli ottomila Comuni, che a ogni collina cambia accento, paesaggio, costumi e prodotti, ma che mantiene una vocazione universale: la classicità e la cristianità, i Cesari e i Papi; il Rinascimento, con cui insegnò al mondo a raffigurare e pensare le cose, e il Risorgimento, con cui si riaffacciò sulla scena internazionale. Perciò oggi è giusto festeggiare, tutti insieme; senza che questo implichi essere tutti d'accordo, condividere la stessa idea dell'Italia.
Il Risorgimento che unificò la penisola scontentò cattolici e repubblicani, e comportò una guerra civile al Sud. Anche
Non si tratta di ricostruire in laboratorio impossibili memorie condivise, ma di riconoscere che pure noi italiani abbiamo un passato di cui possiamo andare fieri e un futuro ricco di possibilità. L'attaccamento alle piccole patrie, ai dialetti, ai Comuni è giusto e utile, è la ricchezza che il mondo globale ci chiede; e può stare assieme al legame con la patria comune che ci comprende tutti.
Ce lo insegnano Alessandro Manzoni, grande italiano e grande milanese, che compose l'ode oggi ripubblicata dal Corriere quand'era ancora cittadino austriaco. E Daniele Manin, acclamato dai veneziani che sventolavano il vessillo con il leone di San Marco e il Tricolore. Oggi ricordiamoci anche di Ciampi, quando dice di sentirsi livornese, toscano, italiano ed europeo. E di Napolitano, quando ricorda l'influenza fortissima sull'identità italiana di Napoli e l'urgenza del suo riscatto. Anche nelle nostre famiglie c'è un personaggio che ha contribuito a fare la storia d'Italia. Nel Risorgimento, nelle due Guerre mondiali, nelle varie forme che assunse
Aldo Cazzullo
17 marzo 2011
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