sabato 5 marzo 2011

STUPRO IN CASERMA LA RABBIA INVESTE L’ARMA


La stramba difesa dei carabinieri coinvolti: “Solo una situazione amichevole”

di Luca Telese

Lo stupro è avvenuto in una caserma, 10 giorni fa. Ma adesso ci sono 4 indagati, nei registri dei magistrati, per il reato di “violenza sessuale” e una giustificazione surreale: “Il clima era amichevole”. Uno stupro e quattro indagati che indossano tutti una divisa, uno di loro addirittura è un vigile, che gira per la stazione come se fosse l’invitato ad un party. E poi c’è una notte di follia, comunque la si veda, una notte di delirio, anche se si scegliesse di credere a una delle tante versioni che ieri hanno turbinato nell’aria, come per attenuare la vergogna delle forze dell’ordine, come per provare a minimizzare: la donna era consenziente, anzi, ha tentato i suoi carcerieri, sì c’è stata violenza, anzi no, sono stati adescati dalla ragazza.

DI CERTO è una notte fuori da ogni regola, da ogni legge, in uno stato di diritto, con i buoni che si ritrovano improvvisamente catapultati nei panni del Bad cop, come nei film americani, in un Paese in cui i carabinieri restano l’istituzione più credibile insieme al Quirinale. Una notte a luci spente nella caserma del Quadraro. Se non siete di Roma, occorre raccontarlo, questo quartiere: immaginate un fazzoletto di città, incastonato fra le mura antiche dell’acquedotto e i primi palazzoni della periferia anni ‘60. Il confine verso il centro lo segnano la ferrovia e “il mandrione” di Pierpaolo Pasolini, il microcosmo è quello dei “pischelli” e dei panni stesi, delle botteghe e delle officine. E anche della piccola malavita: ladri di motorini e vecchi scassinatori, sostituiti oggi dagli spacciatori e dai nuovi eroi di criminalità. E immaginate una caserma che sta nel cuore di questo fazzoletto come un solido fortino. Da un lato la legge e dall’altro l’ordinaria amministrazione dei micro delitti, ma anche la gente che quando si incontra si chiama ancora per nome. Ieri sera, su questa caserma, (in cui per caso sono in servizio anche alcuni carabinieri che trasferirono Stefano Cucchi da una stazione all’altra), si sono abbattuti lo sdegno, la rabbia, e l’incredulità di un intero paese. La domanda è semplice: come può celebrarsi uno stupro, dentro una caserma, con una donna che è in stato di fermo estratta dalla cella e portata in sala mensa per improvvisare un delirante festino erotico? La ragazza in un primo momento non aveva detto nulla, poi – convinta dal compagno, dicono – ha trovato la forza di presentarsi, e di raccontare tutto. È così che la stazione dell’Arma è diventato in una sola giornata il teatro di un circo mediatico, tra racconti a mezza bocca , visite ufficiali, confessioni incrociate e versioni antitetiche. La prima notizia però è, e deve restare questa: una donna in stato di arresto stuprata da tre carabinieri e da un vigile (stupro: perchè se sei un una cella la parola consenziente non può esistere) .

UNA RAGAZZA madre, di 32 anni, fermata per furto, forse psicologicamente fragile, di sicuro in condizione di evidente soggezione, privata della sua libertà. La seconda notizia è meno evidente, ma forse merita attenzione: ieri i due corpi degli uomini coinvolti nell’inchiesta hanno dato due risposte totalmente diverse. Da una lato una condanna netta e dura, quella del comando del’Arma. Dall’altro una difesa minimizzatrice, quella del comando dei vigili. Ecco perchè le parole scelte del comandante dei vigili urbani di Roma, Angelo Giuliani, vanno soppesate con cautela: “Attendiamo un chiarimento da parte dell’autorità giudiziaria. Io ho parlato con il vigile e dico che ci vuole cautela. È chiaro che sarebbe un grave danno di immagine per noi, ma io aspetterei a parlare”. Con Giuliani i condizionali fuggono via, e le attenuanti scavano il dubbio. Per i carabinieri, invece, parla il comandante provinciale, Maurizio Mezzavilla, dopo essere stato in caserma e con toni molto netti: “Finché non sarà chiarita la vicenda sul profilo penale i tre militari sono stati trasferiti in altre province e non svolgeranno servizi territoriali, ma servizi di ordine pubblico nell’ambito dei reparti mobili. I fatti denunciati sono gravissimi e sono oggetto di attente e accurate indagini insieme all’autorità giudiziaria. Al momento tutti gli atti sono secretati”. Due degli indagati hanno negato ogni partecipazione all’atto sessuale. Uno è scoppiato a piangere. Uno ha ammesso il rapporto, anche se negando ogni violenza fisica.

E quindi le dichiarazioni dei due ufficiali meritano di essere passate “ai raggi X” perché nello stesso pomeriggio ai giornalisti arrivano anche le testimonianze degli indagati (e forse la prefigurazione delle linee difensive). “Il rapporto sessuale con la donna – dice il carabiniere che ha ammesso – è avvenuto in una situazione totalmente amichevole”. Malgrado la secretazione, infatti, il racconto dell’imputato principale è filtrato attraverso le parole del suo legale. “Quella notte eravamo in tre, due carabinieri e un agente della polizia municipale – ha spiegato il militare – Eravamo usciti per locali e avevamo mangiato e bevuto qualcosa. Eravamo fuori servizio e tornati in caserma, per andare a dormire nella foresteria, abbiamo visto quella donna”. Qui la ricostruzione sfiora l’inverosimile: “Abbiamo intuito da parte della ragazza la disponibilità ad avere un rapporto sessuale con noi due carabinieri. La cella era aperta – aggiunge – lei ci ha chiesto di poter mangiare e bere qualcosa. Poi abbiamo avuto un rapporto con lei, ma la donna era consenziente. In caserma c’era un altro carabiniere che era in servizio di piantone ed era presente anche il vigile fuori servizio che era uscito con noi”.

LA VERSIONE ha sicuramente delle falle, e anche vistose. Cosa significa Intuire la disponibilità? Come sarebbe stata manifestata? Che senso ha immaginare lo stereotipo della donna tentatrice che seduce i suoi custodi come una sirena? Ieri le bocche erano cucite, ma gli uomini dell’Arma facevano trapelare, in modo informale, che nessuna attenuante era concessa, non solo per l’atto sessuale, ma anche per l’aver portato in giro per la caserma la ragazza. Anche il vigile nega di avere avuto rapporti e ha spiegato ai pm: “Ero solo in visita ad un amico”. Ma su questo, per fortuna, Mezzavilla è drastico: “Il nostro giudizio di assoluta riprovazione prescinde dalle responsabilità penali che si stanno doverosamente accertando – dice il comandante –, perchè vicende del genere contrastano con i mille atti di solidarietà che i carabinieri compiono ogni giorno”. Il caso Marrazzo, una caserma in cui scompaiono gli stupefacenti, e ora questo pasticciaccio del Quadraro. Tre macchie che l’Arma sceglie di lavare con la glasnost, senza nessuna ambiguità.

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