martedì 19 aprile 2011

Concorso esterno per mafia: vogliono il reato, ma con le pene ridotte



CAMBIANO LE REGOLE DEL PROCESSO DELL’UTRI

di Enrico Fierro

Correggiamo, ammorbidiamo, scontiamo. Le parole d'ordine quando si parla di mafia e di reati connessi sono ormai queste.

Fa discutere il disegno di legge presentato dal senatore Luigi Compagna per un sostanziale alleggerimento delle pene per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un reato infamante e allo stesso tempo "moderno" perché non colpisce l'area "associativa", gli affiliati a mafia, camorra e 'ndrangheta – l'ala militare – ma quella della borghesia mafiosa. Imprenditori, professionisti, politici che, pur non essendo stati "battezzati" , concorrono alla forza dell'organizzazione mafiosa ricavandone una serie di vantaggi.

Il disegno di legge del senatore Compagna (Pdl), si intitola “Nuove norme in materia di concorso esterno”, e parte con le migliori intenzioni, la tipizzazione del reato nel codice penale, per raggiungere un obiettivo certamente non sgradito ai mafiosi e ai loro compari: la riduzione della pena da 1 a 5 anni. Lo scopo, ha spiegato il senatore, “è alleggerire la barbarie”, perché con la tipizzazione del reato in uno specifico articolo del codice non sarà più applicato a chi si macchia di “concorso” l'articolo 416-bis sull'associazione mafiosa che prevede pene più alte, dalla reclusione da 3 a 6 per anni per la semplice associazione, ai 4-9 per chi promuove o dirige l'associazione, fino ai 4-10 anni in caso di associazione armata.

La giurisprudenza, ha spiegato Compagna nell'introduzione del ddl, pur in mancanza di indicazioni normative “ha ritenuto di applicare anche al reato associativo di cui all'articolo 416-bis del codice penale l'istituto del concorso previsto dall'articolo 110”. E nonostante “gli apprezzabili sforzi” della corte di Cassazione che “ha introdotto e legittimato l'ipotesi di concorso esterno”, per il senatore restano “una serie di problemi irrisolti connessi alla mancata tipizzazione del reato”.

COMPAGNA fu l'unico nel giugno del 1993 a votare in Giunta per le Autorizzazioni a procedere del Senato contro l'autorizzazione chiesta nei confronti di Giulio Andreotti, accusato di collusione con la mafia. Da allora, ha spiegato, ha sempre pensato che fosse necessario intervenire per tipizzare un reato non previsto nel codice Penale, perché “più che un garantista io sono un vero innocentista”.

Durissima la reazione delle opposizioni. Per Laura Garavini, capogruppo Pd in Commissione parlamentare antimafia, “la proposta di ridurre la pena per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, oltre che vergognosa , suona come un nuovo tentativo di introdurre una legge ad personam. Chissà se le stesse persone che si affrettano a rivendicare arresti di latitanti e boss stavolta avranno qualcosa da dire nei confronti dell'iniziativa, probabilmente niente affatto personale, del senatore Compagna”, ha proseguito. “Il problema è che l'avvicinarsi della chiusura di alcuni importanti processi ha messo in moto la macchina del presidente del Consiglio, anche se stavolta l'utilizzatore finale sarebbe uno dei suoi più fidati collaboratori”.

PER IL SENATORE Luigi Li Gotti (Idv) “la tipizzazione è inutile visto che il codice prevede già una graduazione delle pene in materia di concorso esterno. Francamente mi sfugge la ratio di questa proposta”. “Trovo strabiliante – ribatte il senatore Alberto Maritati, Pd, già magistrato e membro dell'Antimafia – che con i mille problemi irrisolti della giustizia italiana, paralizzata dalla mancanza di riforme vere e dalla penuria di mezzi, ci si arrovelli per produrre leggi che hanno un solo obiettivo: diminuire le pene per quei soggetti esterni al mondo mafioso che lavorano per favorire la mafia”. Per il senatore “chi fa proposte di questo tipo fa finta di non capire che le mafie sono perennemente alla ricerca di appoggi esterni per accrescere il loro potere. Sono come i terroristi che si avvalevano di una vasta rete di fiancheggiatori. E poi, anche dal punto di vista della giurisprudenza, non vedo la necessità di norme di questo tipo. Quelle attuali hanno retto al vaglio della Cassazione e della Corte costituzionale, quindi perché sbracarsi per trovare a tutti i costi vie d'uscita per chi fornisce appoggi, connivenze e coperture al sistema mafioso?”.

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