venerdì 29 aprile 2011

Destra-sinistra le paralisi incrociate


LUCA RICOLFI

E’ tempo di elezioni, fra poco si vota a Milano, Torino, Bologna, Napoli e altre città. Perciò i sondaggi elettorali si moltiplicano, spesso su campioni nazionali. Il voto dei prossimi mesi è solo amministrativo, ma la curiosità per l’esito di una eventuale consultazione politica spinge a commissionare sondaggi nazionali. E’ il caso del sondaggio del Cise (il centro studi elettorali dell’Università Luiss), condotto nei giorni scorsi per «Il Sole 24 Ore».

Un sondaggio interessante, perché non limitato alle solite domande sulle scelte di voto e molto attento alle percezioni degli elettori: problemi sentiti come prioritari, immagine del centro-sinistra e del centro-destra, rispettive capacità di affrontare i problemi del Paese.

Il sondaggio riserva qualche sorpresa. Non per le percentuali di consenso ai vari partiti e coalizioni, che sono da molti mesi sempre le stesse: il centro-sinistra e il centro-destra valgono un po’ più del 40%, il Terzo polo (Casini-Fini-Rutelli) vale un po’ meno del 15%. Quel che colpisce, invece, è come gli elettori valutano i problemi dell’Italia, e quale fiducia hanno nella capacità delle forze politiche di risolverli. Per l’elettore italiano medio il problema numero 1 è il lavoro (55%), il problema numero 2 è lo sviluppo economico (10%), il problema numero 3 è l’immigrazione (9%), e tutto il resto - legalità e giustizia incluse - conta pochissimo. Ma quando agli intervistati viene chiesto chi sarebbe più capace di affrontare i due problemi principali dell’Italia, ossia lavoro e sviluppo economico, cominciano le sorprese. Secondo gli elettori italiani per affrontare il problema dell’occupazione funzionerebbe meglio il centro-sinistra (24,5% contro 13,1%), per affrontare quello dello sviluppo economico funzionerebbe meglio il centro-destra (24,6% contro 16,6%). In breve l’elettore percepisce il centro-sinistra come specializzato sui problemi occupazionali, il centro-destra come specializzato sui problemi della crescita. Come dobbiamo leggere questo risultato?

Fra gli studiosi prevale l’idea che, almeno per il futuro, occupazione e crescita economica siano strettamente legati: senza crescita non ci sarà nuova occupazione. Invece, a quanto pare, l’elettore sembra pensare che i due problemi siano distinti, tanto che per risolvere l’uno punta sul centro-sinistra, per risolvere l’altro sul centro-destra. E’ come se si credesse che possa esservi crescita senza nuova occupazione, o nuova occupazione senza crescita. Come se una parte degli italiani si preoccupasse solo dell’occupazione, l’altra solo della crescita economica.

Mi sembra preoccupante. Non perché, in certe circostanze, i due aspetti non possano andare ciascuno per suo conto. Nel passato è già successo, anche se a protagonisti invertiti: gli anni del primo centro-sinistra (1996-2001) non furono certo anni gloriosi per l’occupazione, e quelli del secondo centro-destra (2001-2006) non lo furono per la crescita. Quel che è preoccupante è che i due schieramenti politici siano visti entrambi in modo così unilaterale, per non dire monco. A quanto pare l’elettore italiano si aspetta che la sinistra al governo si occupi essenzialmente di creare posti di lavoro (primato dell’occupazione sulla crescita), la destra di aumentare la produttività (primato della crescita sull’occupazione).

Ma sono entrambe prospettive fallimentari. Occupazione senza crescita, infatti, significa una cosa soltanto: più assistenzialismo, più posti di lavoro fasulli, peggiori conti pubblici. Crescita senza occupazione significa perseguire guadagni di efficienza e di competitività senza allargare la platea dei percettori di reddito, con conseguente probabile aggravamento delle disuguaglianze. Non possiamo permetterci di imboccare solo la prima strada (quella attribuita alla sinistra) o solo la seconda (quella attribuita alla destra), perché la nostra unica via di uscita è di imboccarle entrambe. L’Italia ha bisogno di tornare a crescere a un ritmo così sostenuto (almeno il 2%) da garantire sia un aumento dell’occupazione, un’occupazione fatta di posti veri, sia un aumento della produttività. Solo così avremo qualche speranza di ridurre il nostro debito pubblico, solo così avremo qualche possibilità di tornare ai livelli di benessere anteriori alla crisi del 2008-2009.

Da questo punto di vista quel che dobbiamo augurarci è che la percezione che gli elettori hanno delle due coalizioni di centro-sinistra e centro-destra siano errate. Perché una sinistra incapace di promuovere lo sviluppo economico e una destra incapace di rilanciare l’occupazione non potrebbero che condannare l’Italia a restare nelle secche in cui è incagliata da oltre un decennio. Mentre una classe dirigente che si facesse carico di entrambi i problemi, l’occupazione e lo sviluppo, avrebbe qualche possibilità di riportarci in mare aperto.

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