sabato 16 aprile 2011

E Berlusconi esulta "Un altro tentato ribaltone è fallito"


UGO MAGRI

E’ una politica surreale perché, proprio mentre Pisanu e Veltroni ipotizzano un governo di «decantazione», senza più Berlusconi premier si capisce, il Cavaliere festeggia lo scampato pericolo: «Il ribaltone è fallito», proclama arzillo in Consiglio dei ministri, «sul processo breve hanno provato a farmi cadere, come il 14 dicembre scorso, ma nemmeno stavolta ci sono riusciti». Insomma, da una parte si celebrano le esequie del berlusconismo, dall’altra si studiano piani di rinascita. Un fondatore di Forza Italia, l’ex ministro Martino, è andato in visita da Silvio: entrambi d’accordo che occorre «tornare alle origini», agire adesso o mai più, con le riforme della giustizia ma anche del fisco care alla tradizione liberale...

Insomma, c’è un bel contrasto tra l’aspettativa di crollo imminente, in base alla convinzione che così non può andare avanti, e la realtà di una maggioranza che invece di perdere pezzi li guadagna. Tornano insistenti le voci di una nuova scissione nel Fli, questione di giorni. Il Pdl resta nel caos, però l’altra sera è stata sancita una tregua tra le fazioni, un cessate il fuoco destinato a durare quantomeno fino alle amministrative.

Una cena con 22 coperti, senza Berlusconi però con quasi tutti i ministri (ad eccezione di Sacconi a dieta, di Tremonti e Frattini in missione all’estero) e con la partecipazione di Scajola, il capo dei «rivoltosi». La chiacchierata, conferma Bonaiuti, è valsa a svelenire il clima; secondo Cicchitto (che ne è stato l’artefice insieme con l’altro capogruppo Gasparri) «possiamo definirlo un bell’incontro perché ha messo in luce l’esistenza di una classe dirigente».

Berlusconi è sempre più un sovrano che regna ma non governa, in tutti i sensi. E’ incredibile la resistenza opposta dalla maggioranza alla Camera, nonostante un leader così intermittente. Ne è rimasto sorpreso lo stesso Cavaliere: «Abbiamo vinto grazie alla nostra maggiore compattezza, laddove l’offensiva dell’opposizione anche tramite il voto segreto si è dimostrata un boomerang».

Poi, si capisce, nel Pdl le crepe restano. Vecchi dissapori. Invidie e gelosie. Scajola alla cena non voleva prendere la parola. L’hanno convinto dopo parecchie insistenze, e lui s’è espresso nel suo modo schietto sulla fusione tra Forza Italia e An che ancora è di là da venire, sugli elettori che mancano all’appello, sulla mancanza di coesione anche umana tra i protagonisti, rinfacciando ai presenti di non avere avuto da loro un briciolo di appoggio morale quando finì nel tritacarne per via della famosa casa con vista sul Colosseo. Silenzio imbarazzato intorno al tavolo. Poi Scajola ha ragionato di prospettive, della necessità per il Pdl di guardare anche oltre il berlusconismo. Non al punto, giurano alcuni autorevoli testimoni, da proclamarne la fine. Diciamo che è stato posto il problema.

Nell’operazione-rammendo va inquadrata pure la nomina di
Nello Musumeci, da ieri mattina sottosegretario al Lavoro. L’esponente politico catanese appartiene alla Destra di Storace, il quale da ultimo mostrava segni di nervosismo. Ora la sua gratitudine al premier è garantita. Ne trarranno beneficio i candidati sindaci del Pdl, in special modo la Moratti a Milano, le cui azioni sono date in lieve rialzo.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

PENSATE UN PO', SI PRECONIZZA LA FINE DI BERLUSCONI "in base alla convinzione che così non può andare avanti"! CI PENSATE?!