lunedì 4 aprile 2011

SFIDA AL COLLE



Berlusconi e Alfano minacciano la piazza per difendere la riforma della giustizia

di Fabrizio d’Esposito

Da Aci Castello, in provincia di Catania, a Riva del Garda, il Caimano e il suo Guardasigilli ad personam rilanciano la guerra civile sulla giustizia, dopo la settimana nera in Parlamento sul processo breve, tra il “vaffanculo” di La Russa a Fini, le monetine davanti a Montecitorio, le preoccupate “consultazioni” di Napolitano. Il ministro Alfano si dimostra più realista del re ed arriva ad agitare la minaccia della piazza per difendere la sua riforma “epocale” della giustizia. Un vero falco, dopo il tesserino scagliato contro i banchi dipietristi giovedì scorso in aula.

Parlando a Riva del Garda a un convegno di Rete Italia, una delle fondazioni-correnti del Pdl, il Guardasigilli ha detto: “Ci batteremo per far passare la riforma della giustizia nelle piazze. Sarà necessario l’impegno di un grande partito come il nostro, guidato da Berlusconi”.

UN PROCLAMA incendiario che non solo sigilla sette giorni di calvario per la maggioranza, ma è pure l’incipit bellico della temuta agenda dei prossimi giorni: martedì il processo breve ricompare alla Camera, in una seduta che prevede anche il conflitto di attribuzione su Ruby. Mercoledì poi c’è la prima udienza al tribunale di Milano, a porte chiuse e senza telecamere, per il caso della “nipote di Mubarak”. Da Aci Castello, i toni del Caimano non sono stati meno forti di quelli di Alfano. E dire che appena due giorni fa, i capigruppo del Pdl avevano promesso al Colle un clima meno rissoso, all’indomani di uno spettacolo tragico e triste in cui è stata persino insultata una parlamentare disabile dell’opposizione. In realtà, il premier ha solo telefonato in Sicilia. Il solito intervento a distanza al convegno di turno, con qualcuno che regge la cornetta sul palco. Teatro del monologo stavolta è stato il primo congresso regionale dei Responsabili di Domenico Scilipoti e Bruno Cesario. Tutti in piedi, circa seicento persone, e le note dell’inno ufficiale del Movimento di responsabilità composto dal musicista Stelvio Cipriani, presidente onorario del Mrn. Il premier ascolta ed esclama, rivolto all’ex dipietrista Scilipoti: “Caro Mimmo, complimenti per la sigla, la metterò anche tra le canzoni del 'bunga bunga”. Da Anonimo Veneziano al bunga bunga: la parabola di Cipriani.

Ai Responsabili, il Cavaliere consegna una vera dichiarazione di guerra. Primo tema: la riforma costituzionale: “Il governo in Italia è senza potere. Il potere secondo la Carta fatta dai padri costituenti è detenuto dal capo dello Stato, dalla Corte costituzionale e dal Parlamento. Il governo non ha poteri se non quello di proporre. E se un disegno di legge si trasforma in legge basta che non piaccia ai magistrati della sinistra che lo mandano alla Corte costituzionale, che oggi, per come è composta, la abroga”. In merito, il retropensiero dell’inner circle di Palazzo Grazioli è questo: “Oggi Napolitano è il vero contrappeso politico a Palazzo Chigi”. Altro che le finte rassicurazioni inviate sempre ieri dal premier in un colloquio con il Corriere della Sera. Il Caimano non ha affatto intenzione di frenare. Anzi, avanti tutta con la riforma della giustizia. E nel frattempo ci sono da debellare i processi in corso con la prescrizione breve che tornerà dopodomani a Montecitorio. I falchi del Pdl sono fiduciosi, al punto da non paventare l’uso della fiducia. Sempre che non si facciano altri autogol sul modello La Russa. I timori del Cavaliere sono soprattutto questi: che la maggioranza si incarti un’altra volta a causa delle “provocazioni” dell’opposizione. Per quanto riguarda la prima udienza del processo Ruby, Berlusconi deciderà all’ultimo momento, anche perché sarà prevalentemente tecnica. Nel suo staff circolano due ipotesi, opposte. Una è aggressiva e offre la suggestione di un Caimano che va in tribunale per fare “un predellino permanente della persecuzione giudiziaria”. L’altra invece suggerisce di non alimentare il carattere mediatico dell’evento, considerato che non ci saranno telecamere in aula. In ogni caso, l’ultima parola spetta a Lui.

SULLA SCRIVANIA del premier, che domani volerà a Tunisi per tentare di rimediare ai pasticci di Frattini e Maroni sull’immigrazione, la road map della nuova crociata di primavera ha altri due step cruciali. Incassati il processo breve e il conflitto di attribuzione, la maggioranza proseguirà la sua marcia con il disegno di legge per aumentare le poltrone di governo. Oggi ne sono libere undici (dodici con la recente nomina di Romano a ministro dell’Agricoltura). Ma non bastano per tutti. Ci sono da accontentare i Responsabili (ieri B. ha promesso a Scilipoti finanche due dipartimenti ministeriali per contenzioso bancario e medicina non convenzionale), altri del gruppo misto, infine azzurri ed ex an del Pdl. La lista è lunga e ventitré posti potrebbero essere sufficienti. Senza contare che è in corso un’altra compravendita: il centrodestra dovrebbe arrivare a quota 330 a Montecitorio con sette deputati provenienti da Pd e Mpa. Un bluff? No, ma la trattativa ancora non è conclusa. Rimpasto e quota 330 sono i due paletti che secondo i piani di B. consentiranno alla maggioranza di aprire una nuova fase “riformista” (con in tasca una nuova legge ad personam), al riparo dalle voci su nuove manovre di logoramento partite con le “consultazioni” del Colle, che prefigurano un governo a guida diversa. Magari Tremonti. Che proprio ieri è stato attaccato sul Giornale dall’ex ministro Sandro Bondi, con un articolo che segna il suo ritorno al ruolo di triumviro del Pdl. “Tremonti scopra le carte”, ha scritto Bondi. Ma il ministro dell’Economia non ha risposto in nome di “un silenzio che stabilizza il premier”, come spiega un esegeta di Palazzo Grazioli.

Le fibrillazioni nel partito (casi Scajola e La Russa) non sono archiviate, ma le amministrative faranno scattare una tregua interna. Per la serie: adesso il triumvirato non si tocca. Un messaggio distensivo a La Russa e a tutti gli ex an in affanno. Tra di loro si segnala l’attivismo di Augello, che sul Secolo ha parlato di una federazione del Pdl. Un progetto che avrebbe già attirato l’interesse dei finiani Urso e Ronchi.

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