sabato 9 aprile 2011

Spada di Damocle su 15 mila processi per truffa, omicidio colposo e corruzione



di LIANA MILELLA
E' UN calcolo, chiuso in un cassetto del Csm, la mina che potrebbe mettere in crisi la prescrizione breve. Quella stima, studiata a ridosso del parere in cui la nuova norma "salva Silvio" viene considerata "un'amnistia sostanziale", parla di un 10% di processi a rischio, per un numero più o meno pari a 15mila. Tanti sarebbero, in Italia, i dibattimenti destinati a finire al macero. Con imputati fino a quel momento incensurati, e quindi liberi fruitori della prescrizione in versione scontata.
Ben 15mila pur di chiudere subito un processo di Berlusconi, il caso Mills; forse, nel 2013, un altro suo guaio giudiziario, il caso Mediaset. Al Csm si preoccupano, ma non si stupiscono. Perché, come spiega chi in questi anni a palazzo dei Marescialli ha sempre studiato le norme ad personam cucite su misura per Berlusconi, la logica è sempre la stessa: guardare al caso concreto, quello del premier, cercare di affrontarlo con l'obiettivo di chiuderlo, senza curarsi degli effetti che questo poi provoca sul sistema giudiziario italiano. È accaduto con la legge blocca-processi d'inizio legislatura, centomila dibattimenti a rischio, poi con le intercettazioni, poi con il processo breve. Come dice l'autorevole fonte del Csm: "È il loro modo di intendere la politica della giustizia, a misura di premier". Senza curarsi "dell'odiosa lista dei reati che finiranno impuniti". Le truffe, gli omicidi colposi, le corruzioni. Reati che hanno un tempo ordinario medio di prescrizione tra io sette e i dieci anni. A cui bisogna toglierne due o tre perché il delitto non si scopre subito. Restano, ben che vada, cinque o sei anni per fare tre gradi di giudizio. Un tempo risibile rispetto all'attuale durata media dei processi nel nostro Paese.
Quella stima rimbalza alla Camera. Dove, già da 48 ore, la maggioranza teme che il giudizio tranchant del Consiglio possa allarmare il Quirinale e innescare dei possibili dubbi sulla legge. C'è chi, tra i berlusconiani, teme di rivedere un film già visto. Il presidente della Repubblica che, nel momento di passaggio del ddl da una Camera all'altra, quando il Parlamento tace, chiama a sé il Guardasigilli Alfano, o esercita un'efficace moral suasion attraverso i suoi uffici legislativi, per spiegare che forse qualche dettaglio va ripensato. Sarà un caso, ma è accaduto sia per le intercettazioni che per il processo breve. Potrebbe accadere anche per la prescrizione breve? Altrimenti, ragionano gli uomini del Cavaliere, perché il presidente avrebbe autorizzato il Csm a chiudere così in fretta, e con un contenuto così duro, il parere sulla prescrizione breve per gli incensurati?

Da via Arenula spiegano però che il ministro della Giustizia è tranquillo.
Angelino Alfano, da quando si è aperto il dibattito a Montecitorio, non ha mai lasciato il banco del governo. Attorniato dalle donne ministro, soprattutto la Gelmini e la Prestigiacomo, ha diretto la maggioranza, ha retto le critiche dell'opposizione. All'insegna di una considerazione che gli è abituale: "Chi fa ostruzionismo poi non può chiedere il dialogo". Non ha battuto ciglio quando, per tre volte durante l'ostruzionismo dei futuristi, Nino Lo Presti lo ha rimproverato di non aver fornito al Paese "i dati dell'impatto sui processi", di non aver detto "quanti aborti clandestini, quanti maltrattamenti in famiglia, quante violenze private, quante corruzioni resteranno impunite". Il Guardasigilli sta pensando di dire la sua opinione sulla legge chiudendo la discussione mercoledì prossimo. Assumendo sulle spalle l'onere politico della prescrizione breve.

Del resto il fronte del ministero della Giustizia sta all'opposto rispetto al Csm. I tecnici di Alfano hanno studiato e hanno garantito al loro ministro due cose.
La prima: oggi in Italia sono già 170mila i processi che "muoiono" per prescrizione. Quindi non si può parlare di effetto amnistia, come fa il Csm, se a questa cifra già pesante se ne aggiunge una di impatto ben minore, quei 15mila in più. La seconda questione è più pregnante e, a quanto dicono quelle stesse fonti, avrebbe "tranquillizzato" del tutto il Guardasigilli. Nel 2005, quando fu approvata la legge Cirielli che già rimaneggiava i tempi della prescrizione riducendoli in generale, ma con una scansione modulata sulla recidiva, non ci furono problemi né con il Quirinale, né con la Consulta. L'ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, che pure aveva bloccato altre leggi sulla giustizia (famoso lo stop all'ordinamento giudiziario), firmò questa senza problemi. Egli riconobbe, secondo l'attuale maggioranza, che era discrezione del governo regolare in modo differente i tempi di estinzione dell'azione penale. Questo è considerato adesso "il punto di forza maggiore dell'attuale legge", quello che "mette a tacere" sia gli allarmi del Csm, che quelli dell'opposizione. Per questo Alfano sta in aula senza imbarazzi. Convinto che non solo essa passerà a Montecitorio, ma che entro una settimana sarà al Senato. E lì può diventare legge subito dopo il voto per le amministrative. Il processo Mills si chiuderà grosso modo qualche giorno dopo.
(08 aprile 2011)

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