giovedì 26 maggio 2011

Da un’anima bella a una militante di Cl

Ti ho vista che tentavi di convincere a leggere i tuoi volantini i fedeli all’uscita dalla messa domenicale. Non ci riuscivi granché – anche se la signora che aveva accettato la discussione pareva assai gentile nel suo fermo disaccordo. E d’un tratto mi ha preso una sorta di materna tenerezza, di stretta al cuore per la tua giovinezza regalata, senza forse neppure saperlo, a chi calpesta il suo bene più grande – la tua libertà che si stava risvegliando all’esistenza, forse all’angoscia delle domande, sola. Ma sai che cosa ne sta facendo di questa tua giovane libertà chi ti ha mandata qui? Sai cos’è, o almeno come lo si intende qui, il “principio di sussidiarietà” che sta sul tuo volantino? Soldi dello Stato alle scuole e associazioni cattoliche e occupazione di posti e potere nelle istituzioni, e qui in Lombardia soprattutto nella Sanità. Certo, vado anche in collera quando penso che, in cambio della preziosa solitudine cui stai rinunciando, tu magari passerai davanti a tutti i ragazzi che di consorterie e falangi come quelle non ne hanno voluto mai sapere, e troverai il tuo impiego meglio e prima degli altri. Ma poi – ora che i volantini quelle signore sul sagrato te li tirano dietro – mi riprende un po’ di tenerezza, e vorrei fermarmi sui gradini della chiesa a far due chiacchiere – ad ascoltarti, anche. Perché è proprio la “concezione dell’uomo e della società” richiamata dai tuoi volantini a stringermi il cuore. Non perché siamo chiamati a votare su “concezioni dell’uomo e della società” – no, basta scegliere il sindaco di Milano. Ma perché mi chiedo quale “concezione” possa mai essere quella che ispira un volantino tanto zeppo di bugie da attribuire all’avversario, addirittura, di incoraggiare lo spaccio di droga, l’eutanasia, l’aborto...

Sembra uno dei quotidiani deliri di quel signore che venne a Milano sventolando bandiere di mutande – con felice intuizione, come se il pensiero e il sentimento si fossero ossessivamente bloccati lì, all’altezza dell’uomo che di solito quell’indumento copre. Quel signore, e altri con lui, continuano a gridare quanto è storto il legno dell’umanità e quanto grande ricchezza di vita, sebbene intrisa di grossolanità e di peccato, è quella che i “moralisti” e le “anime belle” – cioè la mezza Italia che si sta svegliando – vorrebbero assoggettare alle loro mortifere regole di civiltà. Assoggettare alla legge tutta questa bella vitalità di mafie, di abusi e soprusi e condoni e perdoni. Richiamare il legno storto al rispetto che dobbiamo alle istituzioni, perché sostituiscono l’urbanità della nostra ragione e l’esercizio del libero arbitrio all’urlo delle selve, alla legge dei recinti tribali, alla pernacchia dei capi-branco. Che programma sanguinario questo, somiglia proprio a Robespierre, la virtù e il terrore. Ultimamente circola un libello, “L’umiltà del male”, che proprio a te si rivolge, ragazza, e questo è il ritratto che fa della tua giovinezza “umile e disponibile”: nei panni di un Uomo di Chiesa, amorevole e pietoso, le offre “complicità e convenienze”, che ti spingano “a optare per lui, ad accettarne la protezione e il potere. L’obiettivo è chiaro: mantenere gli uomini in uno stato di perenne immaturità, come fossero bambini”. Ti piace questo ritratto, questa offerta? Che peccato che in questo libello, dedicato alle grandi pagine dostoevskiane sul Grande Inquisitore, non ci sia una sola menzione della sola cosa che dice in quelle pagine il Cristo tornato in terra che l’Uomo di Chiesa rimprovera di essergli tornato fra i piedi. Sono solo due parole, e anche quelle erano rivolte a te – non a lui. Peccato che tu non le ascolti: “Svegliati, ragazza”.

Roberta De Monticelli

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