giovedì 26 maggio 2011

Quel prefetto che gioca con gli immigrati

di Elisabetta Reguitti

Il professor Antonio D’Andrea lo avevamo conosciuto per essere stato il relatore della tesi di laurea, trattata in maniera “sciatta”, del ministro Mariastella Gelmini. Lo stesso professore aveva ricordato: “Per quella tesi non ho voluto dare nemmeno un punto in più alla media dei voti. Non soltanto per come era stata scritta, a tirar via, ma soprattutto per come la Gelmini venne ad esporla in sede di discussione.

Oggi invece il docente, ordinario di Diritto costituzionale, interviene sulla protesta dei migranti che, prima sono saliti sulla gru e poi hanno occupato il sagrato del Duomo di Brescia. Spiega D’Andrea come questa vicenda rappresenti una questione di “civiltà giuridica” di interesse generale ma gestita solo dal punto di vista politico dal prefetto Livia Narcisa Brassesco Pace. La stessa persona (autorità) che aveva taciuto di fronte allo scempio della scuola di Adro marchiata con il “Sole delle Alpi” e che oggi, più che un rappresentante dello Stato, sembra essere il braccio armato della Lega a dispetto dell’interesse della collettività.

Stiamo parlando di un prefetto asservito alla politica?

Sembra proprio così e mi rammarico di ciò. La protesta è stata sospesa per due settimane (in vista dei ballottaggi, ndr) in attesa che il Comune presenti al ministero degli Interni il documento d’intesa sottoscritto anche dai migranti. Ma il punto non è questo. Ritengo che siamo di fronte al tipico caso di cattiva gestione della cosa pubblica e non solo dal punto di vista amministrativo. Il rischio è che passi l’idea che anche quando si ha ragione prevalgano argomentazioni dettate da pura demagogia. Un atteggiamento che può rinfocolare divisioni e tensioni sociali nella comunità di cui proprio non c’è bisogno.

Perché?

Perché questa vicenda riguarda tutti coloro che chiedono di essere regolarizzati sulla base di una condanna per un reato che non esiste più (articolo 14 comma 5 ter). Consiglio di Stato e Corte di Giustizia dell’Unione europea si sono pronunciati in modo chiaro, preciso e concludente rispetto al reato (non più tale quindi) di chi non ha ottemperato all’ordine di allontanamento del questore dal territorio italiano. Stiamo cioè discutendo di un reato che non c’è più.

Chi deve decidere però sembra infischiarsene...

Diciamo che sia la prefettura che l’amministrazione degli Interni, in questo momento, sembrano ignorare i pronunciamenti dei giudici. Non tengono conto che è subentrata una direttiva comunitaria vincolante rispetto alla normativa nazionale. È pacificamente acquisito invece che la normativa comunitaria prevale sulla legislazione interna persino di livello costituzionale, salvo i principi supremi, ma in particolare in un caso emblematico come questo.

Brassesco Pace, al contrario, sostiene che le due sentenze non possono essere applicate e che, addirittura, sarebbe necessario l’intervento del Parlamento.

Una considerazione del tutto incauta e sbagliata. Direttive comunitarie come queste devono trovare immediata applicazione senza alcun atto di recepimento interno. Fare chiarezza su questa vicenda è un atto di civiltà giuridica.

Il prefetto ha consigliato ai singoli richiedenti il permesso di presentare un ricorso. Se il Tar confermasse le ragioni dei migranti chi pagherebbe?

La proposta uscita dal palazzo del Governo è un rimedio davvero paradossale per diversi motivi. Per prima cosa nessuno di loro avrà mai i soldi per intraprendere un’azione legale e poi, me lo lasci dire, parlare di ricorso in questo caso è un’autentica follia. Sin dall’inizio si sa che queste persone hanno ragione, dunque si pretenderebbe una supplenza giuridica del tutto inutile. Non escludo poi possano essere richiesti dei danni, inevitabili costi che sosterremmo tutti noi, non certo la prefettura di Brescia.

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