A Bologna ottengono il 10%, a Torino toccano il 5%
di Fabrizio d’Esposito
A Bologna, che è pure la città di Fini e Casini, il vero terzo polo sono stati loro. Ossia i grillini del Movimento a 5 Stelle. Alle nove di ieri sera, la percentuale del candidato sindaco danzava vertiginosamente vicino alla doppia cifra: 9, 70 per cento, pari a 7.500 voti e passa. Terzo partito al primo turno. Un exploit che migliora, in proporzione, il successo alle regionali dello scorso anno in Emilia Romagna: 7 per cento e due consiglieri.
Snobbati dai media dei poteri forti, considerati pericolosi e qualunquisti da tutti i professionisti della politica, i grillini si affermano con numeri importanti in quello che appare come l’imbrunire della Seconda Repubblica. L’equivalente della Lega al tramonto della Prima, almeno in termini di rottura del sistema. Sottovalutati nelle elezioni degli ultimi anni, a partire dal 2008, adesso vanno oltre la marginalità dell’uno o due per cento.
E ci vanno praticamente a costo zero, rispetto ai milioni di euro investiti dagli altri candidati. Lo ha detto lo stesso Bugani, festeggiando ieri sera in piazza Maggiore: “È la dimostrazione che è nato qualcosa di nuovo e che la politica si può fare in maniera diversa. Abbiamo investito 4mila euro per questa campagna elettorale contro dei colossi che hanno investito soldi rubati ai cittadini attraverso i rimborsi elettorali”. Bugani ha una storia familiare di centrosinistra classica e applica il primo comandamento del Movimento a 5 Stelle: il politico di leva, una sorta di servizio civile per i cittadini.
A Milano, Mattia Calise ha speso 3mila euro in più di Bugani. Una cifra irrisoria, confrontata coi 15 milioni di euro della Moratti. Un abisso. Eppure Calise è arrivato al 3,2 per cento. Coi suoi voti, Pisapia avrebbe vinto clamorosamente al primo turno. Qui, il Movimento a 5 Stelle supera l’Italia dei Valori, ferma al 2,6. Un anno fa, alle regionali in Lombardia, il dato già si assestava intorno al tre per cento. Anche a Torino, il rassemblement di Grillo diventa il vero terzo polo: 5 per cento per il candidato sindaco Vittorio Bertola. Come l’Emilia Romagna, il Piemonte è un’altra culla del movimento. Sempre alle regionali del 2010 (media nazionale dell’1,77 per cento con quasi 400mila voti), i grillini presero due consiglieri, con punte del 30 per cento nella Val di Susa, roccaforte dei No Tav. Un’altra affermazione arriva dalle comunali di Trieste: sei per cento per il candidato sindaco Paolo Menis. Dati più bassi, invece, a Napoli e a Cagliari: rispettivamente 1,2 per cento per Roberto Fico e 1,8 per Emanuela Corda. La carrellata vittoriosa riprende con Varese,
Il boom dei grillini alle amministrative, che saranno storiche anche per questo, corona un ciclo di un lustro e più avviato da Beppe Grillo sul suo blog. Quando, cioè, tra il 2005 e il 2006 nasce il social network Meet Up. È l’humus morale, per una politica pulita e concreta sull’acqua, sui rifiuti, sui servizi sociali, su cui sorgeranno nel 2007 le liste civiche. Ma il 2007 è soprattutto l’anno del primo Vaffa-day a Bologna, altra colonna portante del movimento, seguito da quello del
La vera svolta politica coincide con la caduta del governo Prodi, tre anni fa. Grillo inizia a chiamare il Pd come Pdmenoelle. Una casta uguale a quella del Pdl. Tra aprile e novembre i grillini iniziano a raccogliere consensi in un numero sempre maggiori di centri. Il trionfo alle europee, quando
Da ieri la farsa è sempre più alle battute finali. Anche grazie ai grillini.
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