sabato 11 giugno 2011

Aiuto, si prepara Tremonti

di Eugenio Scalfari

Di giorno fa il ministro dell'Economia, ma di notte studia le mosse che lo rendano «indispensabile» per Palazzo Chigi. Che, secondo i suoi piani, deve cadergli in mano come una pera matura, visto che B. è agli sgoccioli

(03 giugno 2011)

Tempi duri per tutti. Sobrietà? Macché: implosione. Nessuno ha capito che cosa vuole esattamente dire e proprio per questo fa paura. è una parolona che può riservare sorprese tremende ma anche qualche imprevisto beneficio. Perciò bisogna camminare col passo silenzioso e gli occhi che vedono anche al buio come i gatti quando sentono al tempo stesso la minaccia di un pericolo e l'odore del cibo.

Tempi duri per i Responsabili. Se si sciolgono le Camere per loro è finita, neanche un posto in lista perché voti non ne portano e c'è ben altro cui pensare. Perciò più che mai legati a puntellare la maggioranza che si sfalda. Ma puntellarla a gratis non conviene. Perciò pochi, maledetti e subito. Per averli, quei pochi, bisogna tenere viva la forza del ricatto, minacciare l'astensione, adombrare la possibilità di un abbandono e magari cambiare gruppo parlamentare. Dai Responsabili al Misto. Puntellare ma con parsimonia. "Adelante, Pedro, con juicio". Un ossimoro da niente!

Tempi duri anche per i deputati e senatori dell'opposizione. Se Bersani farà quello che ha preannunciato, presentando i progetti, i disegni di legge, prendendo l'iniziativa delle riforme urgenti, assentarsi, presentare libri, chiedere permessi di viaggio o semplicemente distrarsi non sarà più possibile. Franceschini e la Finocchiaro dovranno placcare continuamente deputati e senatori, emanare circolari e lettere a pioggia, stare attaccati ai telefonini, e lo stesso dovranno fare Bocchino e Cesa e Di Pietro e i Verdi e i Socialisti. Tutti in aula e nelle commissioni, legati ai banchi come Vittorio Alfieri. Qui si fa (si rifà) l'Italia o si diventa macchiette.

Tempi duri per Calderoli. Aveva acquisito un certo credito negoziando i decreti federalisti con flessibile abilità, ma dopo le più recenti sortite (i ministeri a Milano o non paghiamo le tasse, il capo dello Stato resti pure a Roma tanto non conta una mazza) il suo credito è svanito. E poi l'abbigliamento! Quei pantaloni verde bandiera su camicia verde pisello con giacca verde marcio e cravatta verde shocking, sono inaccettabili anche dai leghisti. Zaia è disgustato, Cota distoglie lo sguardo, Maroni se la ride.


Tremonti. Per lui non saranno tempi duri ma molto molto difficili. Ci vorrà un lavoro fino, un'opera di gioielleria e d'intarsio, roba che neanche Bulgari. Finora ha giocato sul riserbo e sulle assenze significative, ha promesso progetti di riforme magnificenti allontanandone sempre più la data di realizzazione, ha immaginato riforme a costo zero. Soprattutto ha manifestato disinteresse a salire di ruolo. Nessuna aspirazione a Palazzo Chigi. Lui sta bene dove sta. Legge Aristotele e Agostino. Adesso pare si sia immerso in Tacito e Svetonio perché quando i tempi si fanno duri bisogna prepararsi ai colpi maestri.

Andrà a Chigi se sarà chiamato da tutti. Vuole il plebiscito. Di giorno lavora dietro la scrivania di Quintino Sella, di notte "alla fioca lucerna" studia le mosse che lo rendano indispensabile. Danaro da spendere non c'è e le tasche degli italiani non debbono essere manomesse, ma la benzina e le sigarette, condite con un po' di inflazione è roba accettabile. E poi ci sono le banche. E' il loro momento. Se faranno sistema con il Tesoro, il Tesoro farà sistema con loro.

E' un Paese bancocentrico il nostro, lo è sempre stato e sempre lo sarà e adesso che Draghi finalmente ha tolto il disturbo anche la Banca d'Italia dovrà prendere il suo posto a tavola. Non dovrà avere l'ossessione della vigilanza e non dovrà rompere sempre gli zebedei. E a Francoforte bisognerà far capire a Draghi che non si monti troppo la testa perché i governatori che siedono nel Consiglio della Bce non sono pupetti ma semmai pupari con i quali bisogna fare i conti.

Palazzo Chigi? Deve cadergli in mano come una pera matura. La Lega lo appoggerà, Napolitano non avrà scelta, la sinistra manderà giù il rospo pur di eliminare il Cavaliere. E poi lui, Giulio, proporrà più Stato che mercato. Stato leggero ma presente, presentissimo: Cassa depositi e prestiti, Banca del Sud, banche popolari al seguito. Consob. E Banca d'Italia sottobraccio al Tesoro. Così matura la pera.

La Lega sarà la pietra su cui costruire il nuovo edificio, ma non si facciano illusioni a Pontida: dovranno tirare il carro senza avere in mano le briglie. Nel Paese delle banche il governo è dei banchieri, non di Calderoli e nemmeno di Bossi. Il federalismo lo pagheranno i Comuni. Credevano forse che sarebbe stata una festa? Le riforme costano ma produrranno ricchezza. Fra trent'anni o al massimo quaranta. Vedere per credere. Del resto il sole è stato sempre quello dell'avvenire.

2 commenti:

Francy274 ha detto...

ma che se ne vadano all'inferno!! Non se ne può davvero più di tutti questi "macchinisti" esaltati!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

ahahah!