lunedì 25 luglio 2011

CASO TEDESCO PARISI: “LATORRE DEVE RISPONDERE”

L’ex ministro chiede chiarimenti sul salvataggio del senatore

di Arturo Parisi*

Ricostruendo le reazioni al caso Tedesco, il Fatto Quotidiano mi attribuisce nella edizione del 22 luglio l’accusa di un “patto” di Latorre col Pdl. “Mi auguro – avrei detto secondo l’ottimo Telese – che Latorre possa dare una spiegazione che dimostri che non c’è stato alcun patto”.

Solo una precisazione. Telese ha, non dico il diritto, ma il dovere di mettere la sua intelligenza e la sua malizia al servizio dei lettori cercando dietro le parole intenzioni e collegamenti. Ma non può cambiare le parole, e attribuirmi tra virgolette nel testo e nel titolo parole che non ho mai detto.

Le assicuro che se avessi avuto anche solo un dubbio di un qualche fondamento circa l’esistenza di un patto lo avrei denunciato senza giri di parole. Se non l’ho detto è quindi solo perché non lo penso. E non lo penso perché non saprei ipotizzare in che cosa potrebbe consistere questo patto.

Così come in generale non capisco cosa sia mai successo nella drammatica giornata che, grazie all’inziativa di Latorre per l’esame contemporaneo dei due casi, invece che a Papa è finita intestata a Papa-Tedesco. Non l’ho capito io, ma, come appare sempre più chiaro attraverso le dichiarazioni pubbliche che vanno moltiplicandosi, a non capirlo sono stati, assieme a me dirigenti di primissimo piano.

Leggo che Franceschini, che è pure il capo del gruppo Pd della Camera, avrebbe accusato il gruppo del Senato, e cioè il medesimo Latorre, di “aver gestito male la vicenda”. Leggo che Enrico Letta, che del Pd è pur sempre il numero due, si dichiara “sconcertato” aggiungendo “è stato un errore fare il voto in contemporanea... ci ha esposto a una figuraccia colossale”.

É esattamente quello che, come ricorda Telese, ho detto per primo, rinviando ad un sollecito chiarimento da parte dello stesso Latorre. “Son sicuro – ho detto – che Latorre chiarirà”, su questo e su tutta la dinamica compreso il “guasto tecnico” che ha costretto lui e la senatrice Mongiello, anch’essa pugliese, a dichiarare la loro scelta a favore dell’arresto di Tedesco “solo dopo che il risultato del voto era stato già proclamato”. Questo in considerazione della comprensibile attenzione riservata al suo comportamento, per l’autorevolezza del ruolo che Latorre ha nel gruppo dirigente del Pd, la sua provenienza regionale, e la sua determinante richiesta avanzata a nome del partito di accomunare nella contemporaneità dei voti.

Se, invece di fare spallucce, rifiutandosi di rispondere alle “sterili polemiche” Latorre si fosse fatto carico delle domande che continuano a circolare senza risposta, forse la cosa si sarebbe potuta chiudere subito: “sul voto”, “sull’esito del voto” e sul “suo voto”. Si sarebbe evitato almeno l’accusa “di una certa opacità nel voto dell’aula del Senato” da parte di Walter Veltroni, che come Franceschini e Letta non è certo uno degli ultimi arrivati. E, quanto alla eventuale possibilità che “il guasto tecnico” sia riconducibile a schede difettose, il sarcasmo di Sarubbi che ha dichiarato “le schede gliele aggiusto io”.

Questo, e solo questo, è quello che ho detto io. Le mancate spiegazioni e la reazioni stizzita di Latorre, oltre all’eco avuta dalla appassionata richiesta di dimissioni di Tedesco da parte di Rosy Bindi, confermano tuttavia che il “caso Tedesco” non è riducibile al “voto su Tedesco”, ma alla dinamica che è all’origine del suo ingresso in Parlamento e alla sua determinazione a non uscirne.

Tutte domande che attendono risposta, dalla indimenticabile estate di due anni fa ampiamente dedicata alla Puglia, oltre che, come sempre a Palazzo Grazioli e alla Costa Smeralda. Tutte domande sulle quali, in quanto appartenente allo stesso partito di Latorre , mi viene chiesta personalmente risposta, con insistenza e rabbia crescente.

Ecco perché non posso condividere il distacco col quale oggi il mio amico Silvio Sircana commenta sul Corriere della Sera la vicenda: “Son polemiche che non mi appassionano”. C’è infatti gente che si appassiona. Io sono uno di quelli.

* Deputato del Partito democratico

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