sabato 30 luglio 2011

Distrazione italiana

Un altro giorno, un'altra scossa. Anche ieri il premio di rischio che i titoli di Stato italiani devono pagare per trovare dei compratori sul mercato è salito e ormai viaggia ai livelli più alti da ben prima che partisse l'euro. Più che i record, colpisce la dinamica dello smottamento: dall'inizio di luglio il differenziale (o spread) con la Germania è quasi raddoppiato e il costo del debito per il Tesoro è salito rapidamente. In giugno la Repubblica italiana poteva indebitarsi a dieci anni pagando interessi del 4,7%, ieri invece lo stesso margine sfiorava il 6%.

È stato un luglio orribile, che per certi versi ricorda quello nel '92 da cui speravamo di esserci vaccinati per sempre. Come allora, si rincorrono le voci e le accuse alle banche straniere, a quei tempi Goldman Sachs, oggi Deutsche Bank. Come allora, l'Italia è finita al centro di una «tempesta di opinione» internazionale in cui la difficoltà del governo e la sfiducia degli investitori si alimentano a vicenda.

Eppure le analogie finiscono qua. Diversamente dal '92 l'Italia non può svalutare per dare subito ossigeno all'export e all'occupazione. Non può farlo, anche se ormai è chiaro che occorre evitare a tutti i costi un altro mese orribile come questo. In agosto il Tesoro ha cancellato le aste dei Btp, ma a settembre dovrà tornare a raccogliere i prestiti che servono al Paese per funzionare ogni giorno: per allora servono condizioni sostenibili. Sperare che la situazione si calmi da sé, che arrivi l'Europa a toglierci dai guai oppure prendersela con la speculazione non serve più a molto.

Ai mercati è difficile che l'Italia possa dettare le condizioni avendo costantemente bisogno di prestiti per 1.900 miliardi. Quanto all'Europa, il nuovo fondo salvataggi non sarà operativo prima di fine settembre (a essere ottimisti) e la Bce non intende aiutare l'Italia se prima l'Italia non si aiuta da sé. Perché il punto è esattamente questo: andare in vacanza con l'idea che nel frattempo la crisi si fermi e ci aspetti sarebbe peggio di un'ingenuità. Sarebbe la riprova che in Italia latita la consapevolezza dei rischi che corriamo e ciò non farebbe che alimentare il problema di credibilità internazionale del Paese. È una spirale da evitare: minore è la credibilità, più vulnerabili si diventa sui mercati. Perché mai un investitore dovrebbe puntare su un Paese il cui governo, mentre il contagio divampa, dibatte su qualche stanzone a Monza?

In realtà neanche la manovra è bastata a rassicurare i mercati e per molti aspetti la situazione sta diventando simile a quella della Spagna di qualche mese fa. Anche lì le parti sociali hanno messo sotto pressione il governo, come da noi questa settimana. Alla fine Zapatero ha affrontato le vacche sacre delle riforme che servono alla Spagna: lo ha fatto per coraggio o perché non aveva scelta, ma così si è tolto dalla scia dei Paesi più in difficoltà e oggi il premio di rischio spagnolo aumenta meno di quello italiano. Anche da noi serve lo stesso coraggio, per lo meno nelle dosi minime necessarie perché il governo convochi subito, non a settembre, l'incontro sulla crisi con le parti sociali. Meglio farlo ora. Domani, purtroppo, di coraggio potrebbe volercene di più.

Federico Fubini
30 luglio 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

CAPITO? LA SPAGNA SI AVVICINA A GRANDI PASSI! E SO' CAZZI!